Nei primi quattro decenni della sua vita, la Formula Uno è stata un terreno fertile per sperimentare soluzioni volte al miglioramento delle prestazioni delle vetture che oggi definiremmo al contempo folli e geniali. Con il passare del tempo queste soluzioni furono proibite o meglio regolamentate, portando pian piano alla formula uno odierna, nella quale gli ingegneri hanno solo dei ritagli di carta bianca su progetti con dimensioni e caratteristiche già definite. Anche nella storia della sua evoluzione esistevano delle norme sulle quali ci si doveva basare, regolamenti che, oggi come allora, lasciano degli spazi grigi, dove l’interpretazione può fare la differenza tra una vettura competitiva e vincente o una mediocre dagli scarsi risultata. Certo è che la FIA, autorità assoluta che si occupa della regolamentazione del motorsport in quasi tutto il mondo, cerca dalla sua nascita di eliminare queste zone oscure, in maniera tale da ottenere campionati avvincenti che attirino spettatori e appassionati. Non sempre questo suo proposito è andato a buon fine e alcune volte i tempi di intervento sono stati lenti, ma senza questi difetti non avremmo visto alcuni veicoli particolari che hanno segnato la storia della categoria regina, anche solo per una gara.
Brabham BT46
Il tema che da sempre sta a cuore di piloti e tecnici è l’aderenza e in questo senso una icona nella ricerca di carico è la Brabham BT46, vettura concepita nel 1978 da Gordon Murray assistito da Gary Anderson e David Cox. La versione più famosa di questa vettura è la versione B nominata Fan Car poiché era stato posto sul retrotreno un grosso ventilatore in grado di generare un carico aerodinamico altissimo e, conseguentemente, prestazioni fenomenali. Il motore scelto era un 12 cilindri Alfa Romeo, caratterizzato tra le altre cose da un ingombro laterale notevole. Questa geometria obbligava i progettisti di prestare attenzione al profilo della carrozzeria e impediva di rastremare la zona delle pance, il che obbligò Murray a cercare una via alternativa per trovare il carico aerodinamico perduto. La soluzione era semplice, se l’aria non poteva schiacciare il veicolo da sopra allora bastava che lo aspirasse da sotto. Quello che fece fu posizionare una ventola in grado di creare artificialmente una depressione significativa in maniera da intensificare l’effetto suolo. Come detto prima, le zone grige del regolamento erano appigli per ingegneri e tecnici utili a ottenere un risultato desiderato. In questo caso venne sfruttata una piega del regolamento che citava: “Se un dispositivo mobile ha un effetto aerodinamico sulla vettura, è regolare a patto che la sua funzione primaria sia diversa”. Murray dichiarò dunque che la ventola posizionata aveva come ruolo fondamentale quello di raffreddamento e per rendere veritiera questa affermazione posizionò un radiatore sopra di essa. Il debutto di questa vettura fu durante il GP di Svezia del 1978 sul circuito di Anderstorp. Durante le prove si resero conto che la ventola aveva una potenza tale che, una volta attivata la vettura ferma nel box, il fondo toccava terra. Questo obbligò i meccanici a modificare l’assetto, triplicando la rigidezza delle molle. È noto alla storia il risultato della gara, dove si ebbe un dominio assoluto della BT46, tanto che attirò su di sé una marea di polemiche, a tal punto da essere bandita dal gran premio successivo. La motivazione ufficiale fu relativa alla sicurezza, secondo i commissari la vettura sparava sporco e sassi alle vetture in scia, mettendo a rischio i piloti.
McLaren MP4/1
Alcune soluzioni introdotte in un determinato momento su una singola monoposto a volte hanno rivoluzionato la Formula 1, con concetti che ancora oggi sono presenti su vetture non solo da corsa. Questo è il caso della McLaren MP4/1, introdotta nel 1981, progettata da John Barnard e pilotata da John Watson e Andrea De Cesaris. Ciò che rese quest’auto una pietra miliare nella storia dell’automobilismo fu l’uso della fibra di carbonio nella costruzione del telaio, un materiale che oggi è utilizzato per la costruzione della quasi totalità della vettura. Le caratteristiche di densità e rigidezza della fibra di carbonio permisero alla McLaren di realizzare una vettura dal peso contenuto e della rigidità torsionale elevata, fondamentali per le monoposto che all’epoca grazie all’aerodinamica producevano circa 3G di accelerazione laterale nelle curve più veloci. Essendo all’inizio dello sviluppo, la conoscenza del materiale era insufficiente e questo causò non poche difficoltà , il che costrinse Barnard a rivolgersi alla Hercules, azienda che trattava la fibra di carbonio, per la realizzazione del primo prototipo di telaio. Lo sviluppo richiese circa un anno e fu seguito dal debutto in pista della vettura nello stesso momento in cui debuttò anche Ron Dennis come titolare del team. Malgrado le aspettative i primi risultati non furono entusiasmanti, in particolare il miglior esito giunse nella gara di casa a Silverstone con John Watson che concluse il campionato in sesta posizione. Sicuramente però l’introduzione della fibra rimane ad oggi rimane una delle più grandi invenzioni della storia della F1.
Ferrari 640 F189
Nel 1987 a Maranello è tempo di cambiamento con l’addio di Harvey Postlethwaite e il passaggio dalla McLaren di John Barnard. Gli ci vollero due anni alla Ferrari, ma nel 1989 partorì un’altra idea in grado di scuotere e rivoluzionare la storia della formula uno. Il tecnico inglese si trova come capo progettista della vettura data in mano ai piloti Nigel Mansell e Gerhard Berger. La stagione del 1988 fu negativa per la scuderia del cavallino, con una sola vittoria a Monza, il che portò alla decisione già nella seconda metà della stagione di focalizzarsi sulla stagione successiva, la quale vedeva una modifica al regolamento che andava a cambiare l’architettura del propulsore dai motori turbo a quelli aspirati. La scelta fatta a Maranello fu quella di puntare tutto sul V12, il che impose un calendario di test molto intenso per arrivare preparati al via della stagione ‘89. Barnard fece costruire la 639, una vettura laboratorio con il ruolo di incubatrice per le numerose idee. Il processo di sviluppo fu molto complesso, al punto che il team venne costretto a eseguire lo sviluppo di cambio e motore in monoposto differenti. Da una parte venne modificato un telaio per poter alloggiare i 12 cilindri proseguendo il lavoro di ricerca di potenza da quest’ultimo, dall’altra parte, sul telaio 639 continuava la crescita difficoltosa della più grande novità di quest’auto, un cambio semi automatico a 7 rapporti con comando al volante, prima apparizione in Formula 1 di questa soluzione che non fu mai più abbandonata non solo dalla categoria regina. Nonostante il grosso sforzo la vettura non ottenne i risultati sperati, non tanto per le prestazioni, che si rivelarono un punto di forza della Ferrari, ma per via dell’affidabilità . La Ferrari 640-f1 89 ottenne solo tre vittorie in tutta la stagione, due volte con Mansell ed una con Berger, terminando il campionato costruttori in terza posizione.
Ultima modifica: 28 Giugno 2023