Secondo un calcolo puramente statistico Niki Lauda dovrebbe essere considerato semplicemente un buon pilota. Il che, per chiunque lo abbia visto in gara o abbia vissuto quel momento storico del suo esordio in Ferrari e dei primi due titoli mondiali vinti con la Rossa, suona come un’autentica eresia. La sua è stata una carriera sotto certi aspetti straordinaria, sotto altri ondivaga; per alcuni versi incredibile, per altri sfortunata.

Niki Lauda ha corso in Formula Uno tra il 1971 e il 1985 quando si ritirò definitivamente. Decise in due occasioni di lasciare le corse e infatti le sue stagioni complete sono state solo undici, mentre sono tredici quelle in cui è comunque andato a punti. Tre i titoli vinti, iscritto a 171 Gran Premi ne ha vinti 25 tanti quanti Clark. Decimo posto alle spalle del più vincente di sempre, Schumacher (il pilota che più ha voluto assomigliargli), Hamilton, Vettel, Prost, Senna, Alonso, Mansell e il mitico Jackie Stewart. Le statistiche ci dicono che il suo rate è inferiore al 15% di successi. Ma il buon senso ci dice invece che Lauda ha rivoluzionato per sempre il mondo delle corse.

Lo stile di Niki Lauda: sfiancare avversari e meccanici

Sono molti i piloti che dicono che esiste una Formula Uno prima di Lauda e dopo Lauda. Nessuno come lui era in grado di sollecitare i meccanici con segnalazioni, feedback, suggerimenti, idee per potenziare la macchina e renderla più performante. Prima di lui il pilota era un uomo estremamente coraggioso, ai limiti della follia, al quale non si chiedevano particolari competenze di ingegneria, meccanica o aerodinamica. Lauda in questo eccelleva e pretendeva il massimo dalla macchina e dai meccanici: non gliela raccontava nessun, ai box della Ferrari lo avevano definito “l’incubo” perché arrivava di prima mattina con tutta una serie di prove e di test da effettuare ed era capace di girare come una trottola per tutta la pista di Fiorano per un giorno intero fino a quando la macchina non otteneva le performance che lui si aspettava.

La leggenda racconta che l’ingegner Enzo Ferrari, che aveva un rapporto di amore-odio con il non meno burbero pilota austriaco, fosse molto preoccupato per i costi: “se continua così mi costa più di motori bruciati durante le prove che di Gran Premi” avrebbe confidato Ferrari a Montezemolo temendo che lo stakanovismo dell’austriaco potesse diventare un’arma dirompente per uno staff estremamente professionale ma sempre abituato al lato umano.

Nel 1974, dopo le vittorie di Jarama, in Spagna, e Zeltweg in Olanda, Niki Lauda ha la grande occasione di correre per il titolo ma le parole di Ferrari erano state profetiche. Vittorie e piazzamenti ma anche tanti ritiri, ben otto su quindici gare, cinque dei quali nelle ultime cinque gare: la sua prima stagione si conclude con un quarto posto assoluto nella classifica piloti vinta da Fittipaldi. Jarama dimostra la grande capacità tattica di Niki Lauda che su una pista bagnata che si fa via via sempre più asciutta mantiene la bagarre stressando il grande Ronnie Peterson fino al ritiro suo e di Ickx. In Olanda il pilota ottiene la sua quarta pole stagionale e conduce una gara sontuosa: salutando la compagnia alla prima curva e tenendo un ritmo insostenibile per chiunque. Mentre dietro si azzuffavano Niki Lauda, come un computer, conquistava la sua seconda vittoria.

La trionfale stagione di Niki Lauda del 1975 tra strategie e integralismi

Con l’esperienza viene fuori tutto il talento del pilota, che non era certo solo caratteriale: il 1975 è l’anno capolavoro suo e della 312T. Niki Lauda si prende la bellezza di nove pole position e sfata tutti i pregiudizi, anche quello dell’ingegner Ferrari. La sua vettura vincerà cinque gran premi ritirandosi solo una volta (in Spagna) e andando sempre a punti tranne che a Silverstone (ottavo).

A Montecarlo la Formula Uno arriva dopo un disastroso GP in Spagna nel quale cinque spettatori rimasero uccisi da un pneumatico impazzito volato tra la folla, il tutto mentre il sindacato dei piloti aveva duramente attaccato l’organizzazione per questioni di sicurezza. Molti piloti a Montecarlo non volevano nemmeno correre ma alla fine la corsa ci fu: Lauda disse “devo fare quello che ho fatto in Olanda”. E lo fa: parte dalla pole e alla prima curva taglia come un indemoniato prendendo subito il largo mentre Peterson alle sue spalle si impantana e Jarier si incastra.

La corsa di Niki Lauda è frenetica, aggressiva, senza rivali. In una stagione in cui nessuno aveva vinto due gare, Lauda replica subito in Belgio. È il Gran Premio della “dimostrazione” di Brambilla che a un certo punto sorprende tutti, forse anche Lauda, e si porta clamorosamente al comando. Lauda lo lascia fare e gli dà spago seguendolo da lontano: poi sullo slancio del sorpasso ai danni di Pace passa anche l’italiano e guida fino al termine senza altri rischi.

In Svezia arriva il terzo successo: Lauda stavolta decide di non rischiare, vuole preservare i pneumatici e non partendo dalla pole non vuole correre il rischio di finire nel traffico o in qualche mischia. Gestisce: quando si rende conto che davanti a lui Reutemann perde terreno e aderenza attacca e alla prima curva lo passa. In Francia Niki conquista il primo mondiale della sua vita con larghissimo anticipo, partendo ancora una volta dalla pole e senza effettuare nemmeno un sorpasso (doppiaggi a parte). Sembra un pilota in gita turistica che si gode lo sventolio di bandiere rosse e il suo primo immenso trionfo.

Alcuni potranno dire che le vittorie di Lauda non sono state così spettacolari come quelle di Alonso, o Senna o Schumacher e forse è vero ma non c’è dubbio che tra 1974 e 1975 Lauda e la Ferrari disegnano un nuovo standard destinato a rivoluzionare le corse di Formula Uno. Un pilota capace di attaccare solo quando era sicuro di passare e di aspettare il momento giusto quando c’era il rischio di fare dei anni. Un pilota che solo stressando il motore come ha fatto, portandolo spesso alle estreme conseguenze, ha garantito quell’upgrade che ha consentito alla 312T un’evoluzione trionfale e un’affidabilità assoluta. Il tutto senza cambi al volante, senza elettronica, senza comunicazioni di scuderia in cuffia. Il Lauda che si vedrà dopo il Nurburgring sarà radicalmente diverso, figlio di un incidente che avrebbe ucciso chiunque e che sicuramente avrebbe fiaccato lo spirito di qualsiasi pilota. Non il suo. Come Lauda ha scritto nella sua biografia: “Dopo quell’incidente ero lo stesso uomo, solo diverso, si trattava di trovare un modo diverso di sopravvivere e di vincere”. E ovviamente c’è riuscito.

Ultima modifica: 10 Giugno 2019