L’ex amministratore delegato e presidente dell’alleanza Renault Nissan Mitsubishi Carlos Ghosn è fuggito dal Giappone e si è rifugiato a Beirut, in Libano. Ghosn era agli arresti domiciliari in Giappone dallo scorso 25 aprile, in attesa del processo previsto per il 2020.
Il manager, ormai ex, è accusato dalle autorità giapponesi di illeciti finanziari e falso nella dichiarazione dei propri compensi, tramite quattro differenti capi d’imputazione. Le vicende giudiziarie sono iniziate per Ghosn nel novembre del 2018, quando venne arrestato per la prima volta dalla polizia giapponese.
Come Ghosn sia riuscito a fuggire in Libano non è dato saperlo: le sue condizioni di libertà su cauzione non gli consentivano spostamenti e contatti con l’esterno, nemmeno con sua moglie Carole, senza l’autorizzazione del tribunale. Ghosn aveva dovuto consegnare il proprio passaporto e aveva limitato accesso a cellulare e computer.
La conferma di questa fuga è arrivata direttamente dallo stesso Ghosn, che in un breve comunicato ha dichiarato di non essere più “ostaggio di un sistema giudiziario falsato come quello giapponese, in cui si presume la colpa, dilaga la discriminazione e i diritti umani sono negati”. Le parole di Ghosn sono quelle di una persona che si sente ingiustamente perseguita: “Non sono fuggito dalla giustizia, ma dall’ingiustizia e dalla persecuzione politica”.
La scelta del Libano come rifugio non è casuale. Carlos Ghosn, che è nato in Brasile, è infatti figlio di genitori libanesi. Non solo: come ha specificato un funzionario del ministero degli Esteri del Giappone, il paese nipponico e il Libano non hanno mai stretto accordi sull’estradizione, cosa che permette a Ghosn di sentirsi sicuro per un bel pezzo, almeno finché le autorità libanesi non acconsentiranno al rientro dell’ex manager in Giappone.
Ultima modifica: 31 Dicembre 2019