Il mercato auto italiano batte un colpo. Le immatricolazioni di autovetture in Italia, dopo tredici cali mensili consecutivi, hanno fatto registrare crescite in agosto del 9,9% e in settembre del 5,4%.
Sono segnali positivi, ma flebili. Il mercato italiano dell’auto (come d’altra parte quello europeo) si trova ancora in una situazione difficilissima. Il bilancio dei primi nove mesi del 2022 chiude con un calo rispetto allo stesso periodo del 2021 del 16,3%. E se poi si fa riferimento al periodo precedente la pandemia, cioè allo stesso periodo del 2019, vi è un calo del 33,5%. In buona sostanza nei primi nove mesi del 2022 sono state immatricolate 976.055 autovetture. Nello stesso periodo del 2019 le immatricolazioni erano state 1.468.238. Mancano dunque all’appello 492.183 autovetture.
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Con una buona dose di ottimismo si può prevedere che il 2022 si chiuderà intorno a quota 1.200.000 immatricolazioni, un livello da fine anni ’60 del secolo scorso. Come si può ritornare ai giorni nostri? Al momento nessuno lo sa. Il Governo Draghi, anche nei suoi ultimi sprazzi di vita, cerca con generosità di affrontare la situazione ed è recentissima la notizia di ulteriori interventi per favorire l’acquisto di auto ecologiche. Come si è tuttavia già ampiamente constatato, gli interventi del Governo non sono però immediatamente operativi e lo diventano solo con un iter burocratico che finora si è rivelato lungo e farraginoso.
A ciò si aggiunge che questi nuovi provvedimenti, come è giusto, sono sempre ispirati al politicamente corretto, cioè in primis privilegiano i percettori di redditi bassi e le soluzioni ecologiche. Ma i percettori di redditi bassi possono permettersi soluzioni ecologiche avanzate? I numeri dimostrano che non è così perché gli stanziamenti per incentivi alle soluzioni ecologiche si dimostrano sistematicamente del tutto esuberanti e non certo in grado di dare al mercato dell’auto e all’ecologia la spinta di cui avrebbero bisogno. Sempre i numeri dimostrano invece che gli incentivi che hanno dato risultati positivi immediati sono quelli per le auto con alimentazione tradizionale ed emissioni contenute.
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Rebus sic stantibus si può dire che il mercato italiano dell’auto resta alla canna del gas. Dall’inchiesta congiunturale del Centro Studi Promotor di settembre emerge, tra l’altro, che ben il 43% dei concessionari è pessimista anche sul prossimo futuro. Al momento soltanto la pandemia sembra mordere meno (almeno per ora), mentre tutti gli altri fattori di crisi del mercato dell’auto sono invece pienamente operativi, se non addirittura più virulenti del passato. Ci riferiamo in particolare alla guerra in Ucraina, alle difficoltà dell’economia, al ritorno dell’inflazione e alla carenza di componenti essenziali per costruire le automobili, carenza che fa si che alla crisi della domanda si aggiunga anche una crisi dell’offerta.
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Particolarmente eloquenti sulle conseguenze di quest’ultimo fattore di crisi, cioè della crisi dell’offerta, sono i dati della già citata inchiesta congiunturale del Centro Studi Promotor di settembre. Secondo questa fonte ben il 96% dei concessionari dichiara di non avere giacenze di auto nuove sufficienti per far fronte alla domanda. E a ciò si aggiunge che la carenza di auto nuove ha molto stimolato la domanda di auto usate per cui l’82% dei concessionari dichiara di avere giacenze insufficienti anche di auto usate.
La gente non cambia l’auto molto vecchia
La conseguenza di questa situazione – secondo Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – è che la gente si tiene l’auto che ha, anche se è vecchissima, e il crollo nelle rottamazioni di auto a fine vita lo conferma. Secondo l’Aci nel periodo gennaio-agosto le radiazioni dal Pra di autovetture si sono infatti ridotte rispetto allo stesso periodo del 2021 del 30,3% cioè di 308.124 autovetture. La conseguenza è ovvia. L’anzianità media del nostro parco circolante (tra i più vecchi d’Europa) non sta calando, ma anzi il suo ritmo di invecchiamento è in accelerazione.
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Ultima modifica: 6 Ottobre 2022