«Quindici anni fa gli assicuratori hanno deciso di investire in attività che potessero avere la capacità di ridurre concretamente l’incidentalità stradale».
È con questa logica – come spiega il Segretario Generale Umberto Guidoni – che nel 2004 nasce Fondazione Ania.
A partire dal 2017 le attività della Fondazione, volte alla sensibilizzazione alla prevenzione dei rischi e alla protezione assicurativa, sono state estese ad altri rami del settore con iniziative che vanno dai checkup gratuiti fino al contrasto della ludopatia.
Nel campo della sicurezza stradale che risultati avete ottenuto con la vostra attività dal 2004 a oggi?
«Il bilancio è sicuramente positivo. Abbiamo contribuito a ridurre la mortalità sulle strade: partivamo nel 2004 con oltre 6mila morti e siamo arrivati oggi a 3300, la metà. Tuttavia dieci morti al giorno, dal mio punto di vista, sono ancora un numero esorbitante. Senza considerare i feriti che sono circa 500mila ogni anno di cui circa 300mila feriti gravi».
Quali sono state le principali iniziative?
«Abbiamo fatto molta formazione nelle scuole, anche con l’ausilio di simulatori, e effettuato corsi di guida sui motorini per i ragazzi che dovevano prendere il patentino. Un’iniziativa di particolare successo è stata l’importazione in Italia dal Belgio della figura del ‘guidatore designato’. Nel 2004 oltre il 30% dei morti era al di sotto dei trent’anni oggi siamo intorno al 21-22%»
Rimanendo in tema di sicurezza stradale, quali sono oggi le principali sfide?
«Oggi la sfida è quella cercare di trovare strumenti che possano ridurre l’impatto della distrazione alla guida. Il vero killer che caratterizza tutte le fasce d’età, il cui principale responsabile è il cellulare. Basti pensare che nelle aree urbane abbiamo oltre il 40% dei morti».
Cosa si può fare?
«Stiamo cercando di favorire comportamenti virtuosi attraverso profili comportamentali alla guida. Con le scatole nere è oggi possibile monitorare il driving behaviour e rilevare, tra le altre cose, grazie a un’applicazione per smartphone l’utilizzo del cellulare da parte del conducente».
Come nasce l’idea, a partire dal 2017, di ampliare la mission?
«Abbiamo ritenuto che l’esperienza che abbiamo fatto sulla sicurezza stradale potesse essere esportata anche sugli altri rami assicurativi. Per spiegare che l’assicurazione tutela da qualsiasi rischio tu possa avere. Non è un qualcosa che si paga senza aver nessun ritorno. Attraverso i check up gratuiti che facciamo in giro per l’Italia cerchiamo di far capire l’importanza della copertura sanitaria integrativa, così come attraverso le attività di contrasto alla ludopatia cerchiamo di trasmettere il messaggio che investire in una polizza vita o previdenziale è molto meglio che andarsi a giocare i soldi»
Prevenzione e formazione: funziona questo meccanismo in un’ottica win win?
«Sicuramente funziona perché, al di là della riduzione del numero dei sinistri, l’assicurazione ha la possibilità facendo prevenzione di riuscire a profilare i soggetti e quotare meglio il rischio. Realizzando polizze più su misura e quindi più vantaggiose per la compagnia e per l’assicurato».
Come giudica lo stato del welfare in Italia e come si inserisce in questo scenario il rapporto tra mondo assicurativo e politiche sociali?
«Credo che quando il sistema pubblico e il sistema privato si incontrano e realizzano una progettualità insieme riescano a supportarsi vicendevolmente. Ritengo, ad esempio, che il Ssn debba continuare a essere universalistico. Però sopra certi livelli di reddito penso che prevedere la possibilità di un’integrazione con il sistema privato crei un doppio vantaggio. Fa una parte alleggerisce il sistema pubblico. Dall’altra consente a chi è meno abbiente di accedere più facilmente al Ssn».
Giulia Prosperetti
Ultima modifica: 14 Dicembre 2019