Moto Morini, quel mito che nessuno vuole piu’

Asta deserta per il marchio bolognese: e’ l’addio della due ruote che fece sognare intere generazioni. Era il simbolo di un mondo fatto di ‘alesaggi’, ‘rettifiche’, valvole e carburatori

Bologna, 14 aprile 2011 – Rimane “spenta” la Moto Morini. L’asta fallimentare per trovare un compratore della casa bolognese e’ andata deserta. Nessun offerta pervenuta. Forse erano davvero troppi, come pronosticato da qualcuno, quei 5,5 milioni di euro, prezzo di partenza per rilevare immobile e macchinari dello storico marchio, posto in liquidazione fallimentare un anno fa. Un nuovo tentativo per trovare un ‘salvatore’ sara’ fatto la prossima estate. “Per quella data valuteremo se fare un’asta a un prezzo piu’ basso”, spiega il curatore Piero Aicardi.

E’ probabile, a questo punto, che si dovra’ ripartire dall’argent de poches di qualche volenteroso: i 500mila euro ipotizzati da uno dei potenziali acquirenti, una mancia o poco piu’ per ridare un po’ di ossigeno ai 38 lavoratori in mobilita’ e resuscitare qualche nuovo modello. In realta’ la Morini e’ un mito non resuscitabile, allo stesso modo della Bugatti, (che a meta’ degli anni ’90 sembro’ poter rivivere per il bluff di un’imprenditore piu’ attento al merchandising che alla catena di montaggio) o della Benelli, completamente ‘cinesizzata’. Troppo cambiati i tempi e i gusti per una motocicletta che vide gli albori sotto le due Torri nel 1937 grazie ad Alfonso Morini, si fece conoscere ’46 con la T125 ed ebbe la sua eta’ d’oro tra i ’60 e gli ’80.

Chiedi oggi a un diciottenne cosa gli ricorda Moto Morini e ti guardera’ come un Ufo. Fai la stessa domanda a un cinquanta/sessantenne e ti aprira’ la porta dei ricordi: ‘Felsinian graffiti’ di un’era nella quale sui banchi di scuola si masticava (chi piu’ chi meno) di ‘alesaggi’, ‘rapporti di compressioni’, ‘rettifiche’, valvole luci e carburatori

La Moto Morini fu forse la prima casa a intuire che la due ruote, da mezzo di mobilita’ per chi non poteva permettersi la macchina, stava diventando il nuovo oggetto di desiderio di un’intera generazione. Ed ecco cosi’ apparire a meta’ degli anni ’60 il mitico ‘Corsarino’ 48 cc, una motocicletta in sedicesimo per chi aveva appena compiuto 14 anni.

“Vederlo oggi mette tenerezza, ma allora ci faceva sognare per quel suo rombo da moto ‘adulta'”, ricorda Massimo Antonio Rossi, attore e doppiatore, con un passato di giornalista e tester di Motosprint. Soprattutto il Corsarino, con il timbro baritonale da 4 tempi, aveva una lunga sella che consentiva (ma il codice stradale no), di caricare un passeggero. E un conto era ‘imbarcare’ le ragazze sul portapacchi e un conto era farlo su una comoda imbottitura.

In seguito arrivarono altri marchi e modelli da cross, da trial, da regolarita’ che in mano ai possessori cittadini vedevano il fango, se va bene, una sola volta nella vita. Ma chi era partito col Corsarino, di solito rimaneva fedele al marchio: a sedici anni saliva in sella al Corsaro 125 e poi alla ‘350’. Per lunghi anni, nelle piccole e medie cilindrate le moto a 4 tempi si identificavano con la ‘Morini’.

Poi i costumi cambiarono: nei parcheggi davanti alle scuole i motorini furono soppiantati dalle vespe e dagli scooter, mentre in pista e in strada cominciarono a dettar legge i giapponesi. Per la Moto Morini fu l’inizio del declino. Un declino che, da quando nel 1987 il marchio fu ceduto al gruppo Cagiva, non si e’ piu’ arrestato.
 

Ultima modifica: 16 Novembre 2017