Museo Fratelli Cozzi, design Alfa Romeo raccontato dal papà di Tonale | VIDEO

4231 0
4231 0

Il Museo Fratelli Cozzi il 6 ottobre 2019 ha un programma speciale a partire dalle ore 15. Una visita guidata e poi l’intervento che vedrà protagonista il racconto di Klaus Busse Head of Design for Fiat, Abarth, Lancia, Alfa Romeo, Maserati at FCA Fiat Chrysler Automobiles.

La sua Alfa Romeo Tonale ha recentemente vinto Car Design Award. Il Museo Fratelli Cozzi è davvero un luogo speciale per il Biscione.

Il Museo Fratelli Cozzi, il racconto

Ferro e fatture: questa l’origine del Museo Fratelli Cozzi. O forse avrebbe potuto essere l’epilogo se la lungimiranza del fondatore Pietro Cozzi, non avesse colto, in quel quotidiano vendere e acquistare automobili, qualcosa di più di buon affare.

Museo Fratelli Cozzi

 

Ma facciamo qualche passo indietro fino ad arrivare al 1955, anno in cui viene fondata la Fratelli Cozzi, commissionaria prima e concessionaria Alfa Romeo poi tra le prime in Italia. Il boom economico è in fase embrionale e l’auto resta ancora un sogno irraggiungibile per molti italiani e un anche oltre i confini del Paese.

 

L’attività decolla, insieme al successo di Alfa Romeo: in un quinquennio si passa dalla produzione elitaria come con la 6C 2500 sport freccia d’Oro, soprannominata “Il Gobbone” a quella di massa con la Giulietta, passando attraverso il rilancio della produzione industriale con la 1900. E sarà proprio una Giulietta TI giallo Cina il primo “ferro” della collezione.

 

Certo, ora rabbrividiamo nel parlare in questi termini di un’auto che appartiene al bagaglio di ricordi di migliaia di italiani ma, in quegli anni, quando il mercato dell’usato non era ancora affermato, prendere in permuta un’auto usata significava una sola cosa: demolizione e vendita del ferro a peso.

 

Quando Pietro Cozzi vede ancora del luccichio fare capolino tra calandre e fanali, capisce che un’auto così non può essere distrutta: “Mettila lì”, dirà, salvandola dall’oblio.

 

Dirà “Mettila lì” altre 60 volte collezionando un’Alfa Romeo per ogni modello prodotto dal 1955 al 2015, anno in cui l’azienda compirà 60 anni e lui 80. L’anno della metamorfosi. Quella collezione preziosa per gli alfisti e gli amanti delle quattro ruote diventa un vero e proprio Museo. Saranno gli architetti Oscar e Gabriele Buratti, già ideatori dello show room, a trasformare lo spazio ipogeo in “uno scrigno che contiene preziosi”, come lo racconterebbe Pietro. Il concept design verte sull’equilibrio tra tre colori: bianco, nero e rosso alfa. Viene annullato il contenitore e con un sapiente gioco di luci, vengono sottolineate cromature, linee e dettagli che hanno reso vere e proprie icone del Made In Italy le Alfa Romeo della collezione.

 

La trasformazione è compiuta, tutto è cambiato per non cambiare nulla perché le auto si trovano ancora nel loro habitat naturale, la strada,
e l’inconfondibile sinfonia del motore Alfa Romeo è più di una suggestione.

 

Il posto d’onore è destinato alla capostipite, quel “Gobbone” di cui abbiamo appena accennato, anno 1950, che con la cabrio 2500 Super Sport è il pezzo più antico della collezione. Due i pezzi unici al mondo: la Giulia TI Super del 1964, unico esemplare di colore grigio e la 155 che si guadagnò il record di velocità nel 1992 sfrecciando sul lago salato di Bonneville a 185 miglia orarie (ndr 297 Km/ora).

 

Alle pagine più pregiate del design Alfa Romeo, si affiancano anche modelli che, pur non brillando per bellezza delle linee, rappresentano una pagina importante per la produzione alfista e per il contesto socio economico che rappresentano, come l’Alfasud che apre il capitolo della conversione dello stabilimento di Pomigliano d’Arco alla produzione di motori per auto.

 

Anche in questo caso la storia torna di stringente attualità, con i rumors che danno proprio lo stabilimento di Pomigliano come sito produttivo designato per l’assemblaggio della Tonale. E certamente non può mancare l’ARNA che, nonostante l’indimenticabile claim “e sei subito alfista”, continua a causare facce contrite al solo pronunciare del nome.

 

“Ferro e fatture” annunciavamo nell’incipit e se abbiamo capito che definire “ferro” questi gioielli ormai sfiora il blasfemo, non possiamo che confermare che parte integrante della collezione sono proprio i documenti contabili, le veline, le circolari timbrate negli uffici di via Gattamelata.

 

Eccezionale anche la raccolta di listini prezzi, cataloghi manuali d’uso e manutenzione che, unitamente a oltre 300 poster e migliaia di fotografie, ricostruisce la storia della tecnologia, della commercializzazione e della comunicazione. Un’asse temporale di 50 anni che, ponendo in relazione tecnologie e linguaggi, tratteggia l’evoluzione del marketing dal 1950 ai giorni nostri.

 

A completare la collezione una nutrita emeroteca con i giornali di settore che hanno dedicato articoli e reportage alle belle del biscione alla quale si affianca la biblioteca a tema che annovera alcune edizioni rare e di prestigio. Inoltre, a fare bella mostra di sé dietro nella teca del “Cozzi.Lab”, ovvero dell’archivio, si notano alcuni trofei creati da Alfa Romeo per premiare i piloti, tra i quali emergono i nomi dei maggiori artisti e designer del ‘900 come Lucio Fontana, Giò Pomodoro, Agenore Fabbri solo per citarne alcuni.

Museo e impresa

 

Oggi il Museo Fratelli Cozzi è diretto da Elisabetta Cozzi che ha trasformato il Museo in un’impresa che fa cultura, lanciando una provocazione volta a sfatare uno degli stereotipi più radicato in Italia: con la “Cultura non si mangia”, affiancando a iniziative di mecenatismo puro come la collaborazione con le scuole del territorio, a iniziative imprenditoriali che fanno del Museo Cozzi la cornice ideale per eventi di prestigio.

Ultima modifica: 30 Settembre 2019

In questo articolo