Sotto i colpi del Coronavirus è caduto anche il mito di Ginevra, il Salone più antico con le sue 89 edizioni e quello più prestigioso: per la centralità, la neutralità e la composta grandeur che ne ha fatto da sempre un punto di riferimento nel mondo dell’automotive.
Non sappiamo se il Salone numero 90 potrà essere recuperato con uno spostamento a fine anno. Di certo qui mi preme sottolineare la buonafede degli organizzatori, che fino all’ultimo hanno sperato di far svolgere regolarmente la rassegna.
E apprezzo la voglia di battere strade diverse: per dare un nuovo volto alla manifestazione e frenare l’emorragia di case costruttrici che avrebbe toccato il numero record di 17 marchi.
La sfida del futuro dopo lo stop
Ginevra riuscirà a vincere la sfida del futuro solo seguendo la via che ha appena tracciato. Se le auto somigliano sempre di più a smartphone con le ruote, se guida elettrica e autonoma sono il paradigma del futuro, è a queste realtà che bisogna fare spazio.
E’ la via imboccata con la pista da 456 metri, ricavata dentro il padiglione 7. Che avrebbe permesso ai visitatori di provare auto elettriche e ibride.
Un’opportunità preziosa, come la presenza di giovani start up del settore mobilità. Raccolte nel padiglione 6 accanto a bici elettriche, monopattini, segway, nuovi elementi caratterizzanti del traffico cittadino.
Un Salone meno ingessato, meno intriso di grandeur ma più vicino alla gente e alle sue esigenze quotidiane. Con un nuovo marchio (GIMS) e un a app per raccontare tutto di tutto di sè. Buona fortuna. vecchia Ginevra
Giuseppe Tassi
Ultima modifica: 2 Marzo 2020