Prima lanciano il sasso, poi nascondono la mano. È la strategia francese quando ci sono di mezzo progetti industriali di rilievo. Soprattutto quando il partner è l’Italia.
Dopo il caso Fincantieri-STX, con Parigi che pretendeva di conservare il controllo dei cantieri navali Saint-Nazaire a spese dell’Italia, il dossier del mancato accordo FCA-Renault mostra come l’interventismo statale francese possa risultare tanto maldestro da far fallire operazioni prestigiose per entrambe.
Oggi come ieri la Francia si schermisce, loda il progetto comune, dice che non è colpa sua se il matrimonio è andato a monte e si proclama ottimista a proposito di una futura intesa.
E’ stato il ministro dell’Economia Bruno Le Maire a prendere la parola ai microfoni di France-Info
«Avevo chiesto io stesso ai vertici di Renault di studiare la possibilità di una fusione con Fiat Chrysler. Non siamo stati noi a sabotare il matrimonio con FCA, non abbiamo messo alcun veto, ci siamo limitati a chiedere che l’operazione si facesse col via libera preventivo di Nissan. Vedendo che il gruppo giapponese non prendeva una decisione abbiamo chiesto altri cinque giorni di tempo, il che mi sembra ragionevole per un’operazione che prevede la nascita di un gruppo da 30 miliardi di euro. FCA ha scelto di ritirare la sua proposta. È una scelta che poteva fare. Per noi l’operazione resta interessante. Ma deve rimanere nell’ambito della strategia di rafforzamento dell’alleanza con Nissan».
Niente veto dunque, e nessuna preclusione per futuri accordi... Dopo l’intervento radiofonico il ministro Le Maire ha ricevuto il presidente di Renault, Jean-Dominique Senard (che Macron aveva rifiutato di vedere).
Un incontro difficile, imbarazzante, visto che appena il giorno prima, mercoledì, Senard aveva avuto parole molto dure nei confronti di Le Maire. E dello Stato francese, azionista di riferimento con il 15 per cento di Renault.
«Sono molto deluso. Nella mia vita di dirigente d’azienda non avevo mai visto una possibilità di fusione capace di portare tante sinergie positive. Il rappresentante dello Stato non si è mostrato convinto e il voto non c’è stato. Devo dire che sono proprio desolato», ha detto Senard.
Parole che hanno irritato i boss di Bercy, sede del ministero dell’Economia. Come si permetteva il presidente di Renault di criticare l’azionista di maggioranza della società?
Ma Bruno Le Maire ha fatto buon viso a cattivo gioco: ha rinnovato la fiducia a Senard (per la terza volta in una settimana).
Giovanni Serafini
Ultima modifica: 17 Giugno 2019