I numeri purtroppo parlano chiaro e raccontano che gli incidenti causati dai cosiddetti pirati della strada – per intendersi coloro che provocano il sinistro e poi fuggono – sono in aumento in Italia. Drammaticamente.
Ed è in crescita anche il numero delle persone che perdono la vita in questi incidenti. Così come i feriti gravi. Una situazione nerissima se soltanto si confrontano i dati dei primi sei mesi del 2019 con lo stesso periodo dello scorso anno: 543 i sinistri provocati dai pirati della strada da gennaio a giugno 2019, contro i 511 nello stesso periodo dello scorso anno, con 55 morti nel 2019 e 47 nel 2018. Una strage.
«Eh sì, purtroppo non possiamo fare altro che registrare cifre altamente preoccupanti – spiega Giordano Biserni, presidente di Asaps, il portale nazionale della sicurezza stradale – è una strage continua. Una partita in cui le istituzioni giocano non avendo la possibilità di uomini e mezzi per vincerla. Le basti un dato: quando poliziotti o carabinieri fermano un conducente al quale poi riscontrano la positività all’assunzione di sostanze stupefacenti, questa pattuglia è impegnata per almeno 3 o 4 ore nei controlli successivi e nelle pratiche burocratiche».
Considerando che le pattuglie in servizio sulle strade sono sempre meno, è chiara la conseguenza che la prevenzione è una partita difficile da giocare e, soprattutto, da vincere. «Sì. Ci vuole poco a capire che la normativa da sola non è sufficiente alla prevenzione se non viene supportata dai mezzi necessari per applicarla efficacemente».
Mancano gli etilometri che danno la certezza della positività all’alcoltest e ancora di più mancano camper e medici che devono essere impiegati, per legge, nella verifica dell’assunzione di sostanze stupefacenti.
Conseguenze preoccupanti
«Le conseguenze di queste carenze – conclude Biserni – sono evidenti e preoccupanti: con questa normativa e con questi mezzi non è possibile fare prevenzione. Vede negli Stati Uniti, il narcotest prevede che se un conducente viene trovato positivo alla droga, scatta la denuncia ed è poi lui stesso a dover dimostrare il contrario. In Italia non accade così: dopo l’accertamento in strada con lo stick, servono ulteriori approfondimenti che devono essere compiuti dallo Stato. Così alla carenza di mezzi e uomini si aggiunge una normativa che ritengo oltremodo protettiva e che deve essere cambiata se vogliamo davvero ridurre numeri che sono purtroppo in costante aumento»
Cristina Rufini
Ultima modifica: 13 Agosto 2019