E’ una parola tedesca intraducibile, Schadenfreude, che sarebbe la gioia maligna per i guai degli altri. Anche alla Germania, dopo otto anni grassi, comincia a non andar bene.
Tutto è relativo, ma i tedeschi sono pessimisti per natura, e vedono nero. La crisi è dietro l’angolo? si chiedeva ieri Der Spiegel. Il rischio non è mai stato così alto, rispetto all’ultimo decennio, risponde il DIW, uno degli istituti di previsione economica.
Il prodotto interno loro salirà entro il 2019 di appena lo 0,6%, contro l’uno stimato a gennaio. Ma già nel 2020 si dovrebber raggiungere l’1,6%, sia pure contro una stima prevcedente dell’1,8%. Sarebbe invidiabile per molti paesi europei. Tuttavia l’indice che misura lo stato d’animo degli imprenditori continua a scendere, sia pure lentamente: in un mese dal 9,8% al 9,7%, poco ma è il livello più basso degli ultimi due anni. In autunno i disoccupati cominceranno a salire, ma erano al limite più basso dala riunificazione, 2,2 milioni.
Germania, ombre dappertutto
In molti settori non si assume più, avverte l’Arbeitsamt, l’ufficio del lavoro. In diverse grandi aziende si comincia a licenziare: la Deutsche Bank in due anni taglierà 18mila posti. La Lufthansa vede crollare gli utili del 25% nell’ultimo anno.
L’industria automobilistica sta attraversando la sua fase più nera dalla crisi petrolifera degli Anni Settanta. Ma alcuni settori non sono toccati, come le macchine utensili, o la sanità. Strumenti chirurgici e medicinali continuano a essere richiesti. E dato in controtendenza, aumenta la domanda interna, dell’1,5, contro una previsione dell’1,1. Forse perché gli interessi in banca sono quasi a zero, e i privati preferiscono spendere piuttosto che lasciare gli euro sul libretto di risparmio.
Ultima modifica: 31 Luglio 2019