di Chiara Zennaro
Un’indagine di Intesa Sanpaolo mostra che il 90% delle 126 imprese italiane dell’automotive è convinto che la transizione green sia un’opportunità di crescita, «anche se saranno necessari importanti investimenti».
Un terzo delle imprese, per un fatturato totale di circa 15 miliardi di euro nel 2021, oggi è in grado di misurare le emissioni inquinanti. Si prevede che entro la fine del 2022 la metà di queste aziende riuscirà a farlo.
È una sfida tecnologica e strutturale quella che si prepara ad affrontare l’auto entro il 2035, quando partirà lo stop alla vendita dei motori combustione, con l’obiettivo di una neutralità carbonica entro il 2050.
Anche se la pandemia e la guerra hanno avuto pesanti effetti, «il settore ha sempre rappresentato un vertice tecnologico e un elemento essenziale del nostro sistema produttivo – spiega Mauro Micillo, capo della divisione Imi Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo, al convegno ‘Trasformazione e sostenibilità: le sfide e le opportunità per la filiera automotive’ a Milano –. Sono certo che, con le eccellenti capacità imprenditoriali che lo caratterizzano, continuerà a essere un settore strategico».
I dati presentati da Fabio Matti, capo dell’Automotive & Industrials di Imi Cib Intesa Sanpaolo, mostrano come i ricavi dell’automotive costituiscano l’8% del Pil dell’Ue, con l’11,5% della forza lavoro manifatturiera impiegata e il 6,6% di quella complessiva europea.
Secondo lo studio, quasi il 70% delle imprese ha un centro di ricerca e sviluppo, e quattro su cinque hanno progetti di innovazione in partnership con fornitori di tecnologia e atenei.
Quattro i macro-trend su cui si basa il cambiamento del settore: «Connettività, sharing, guida autonoma ed elettrificazione».
«Non sarà un passaggio indolore», sostiene Matti, secondo cui il rischio è penalizzare lo sviluppo di altre tecnologie per concentrarsi sulla sola «transizione elettrica».
«8,7 miliardi fino al 2030 per il settore non bastano»
Resta essenziale un dialogo tra imprese del settore e istituzioni per sostenere un programma di rilancio di lungo termine, focalizzato su sostenibilità, innovazione tecnologica, specializzazione di prodotto e crescita dimensionale». Certo, servono i fondi: «8,7 miliardi fino al 2030 per il settore non bastano», ammette il viceministro allo Sviluppo Economico, Gilberto Pichetto Fratin. Da Intesa Sanpaolo l’impegno a «mettere a disposizione i suoi prodotti e servizi per la crescita della filiera».
Ultima modifica: 1 Luglio 2022