Non è certamente il momento migliore per programmare l’acquisto, il noleggio o il leasing di auto aziendali. Perché se fino a qualche tempo la scelta di auto alimentate a gasolio era quanto mai scontata, oggi, con le nuove politiche per la riduzione dell’inquinamento atmosferico dovuto anche alle emissioni di CO2 dei veicoli, i motori diesel sono destinati a scomparire nel giro di pochi anni.
C’è chi fissa la dead line al 2025, chi si spinge a prevedere una resistenza anche oltre quell’anno in cui anche i motori diesel Euro 6 non avranno più accesso ai centri urbani, almeno nelle grandi metropoli. Eppure, per una serie di ragioni che proveremo a spiegare attentamente, il diesel resta ancora in cima alle preferenze di imprese, piccole o grandi che siano, per rinnovare le proprie flotte di auto aziendali.
Cambiano budget e formule di acquisto
Non dovrebbe cambiare molto dunque nelle politiche aziendali, se non il metodo di selezione. Se prima era una scelta di convenienza, oggi è forse una scelta obbligata. Le auto aziendali a gasolio restano di gran lunga più performanti, in termini di convenienza, delle soluzioni che si prospettano in un’ottica più ecocompatibile. Le ragioni sono diverse e sempre valide.
Partiamo dalla questione ambientale. E’ pur vero che l’introduzione dell’ecotassa non mette al riparo le imprese che decidano di rinnovare il loro parco auto, anzi. Molti sono costretti a rivedere il budget di spesa, cercando il risparmio nella scelta del modello, della cilindrata e degli optional, ma non certo inseguendo l’ecobonus previsto per i veicoli a bassa emissione di CO2. E’ infatti chiarito che sia ecotassa, sia ecobonus vengono applicati indifferentemente sulle auto aziendali in acquisto, o in leasing, le formule preferite da chi necessita di un veicolo per la propria impresa.
Perché il green è un lusso?
Le ragioni per le quali le auto alimentate a Gpl, metano, elettriche o ibride non sfondano tra chi le utilizza per lavoro sono legate ai consumi, ai costi di gestione e soprattutto alla praticità . Partiamo da quest’ultimo requisito. Le auto aziendali sono fatte per percorrere molti chilometri ogni giorno e non è raro dover fare rifornimento nell’arco della giornata lavorativa. La rete di distribuzione del gpl, del metano e anche di ricarica elettrica non è così capillare e omogenea su tutto il territorio italiano, come per le colonnine di diesel. Oltretutto Gpl e metano non sono quasi mai provvisti di impianti self service. E per chi lavora su auto aziendali in orari notturni, il problema è serio.
Per la ricarica elettrica il deterrente è anche il tempo di ricarica. Trovare dei fast charge non è semplicissimo, e anche mezzora, il minimo per ottenere un buon 80 per cento di ricarica, può essere un tempo molto lungo rispetto alle esigenze lavorative, figuriamoci due o tre ore. L’auto elettrica per scopi aziendali diventa quanto di meno indicato per chi ha necessità di percorrere molti chilometri, vista l’autonomia ancora ridotta. Neppure le auto ibride possono rappresentare una soluzione ottimale, poiché se la maggior parte dei chilometri viene consumata in ambito extraurbano o autostradale, l’alimentazione è a benzina, con l’aggravante di costi che si può ben immaginare.
E in tema di costi di gestione, le auto aziendali diesel sono da sempre le meno onerose da mantenere. Hanno una manutenzione programmata con tempi più lunghi rispetto alle auto a benzina o bifuel. Senza contare che le auto a metano hanno un impianto di alimentazione supplementare che può richiedere altra manutenzione, oltre a essere meno pratiche nel caso in cui occorra un bagagliaio più ampio. Anche in termini di consumi, il diesel resta il meno costoso. Anche a parità di chilometri, gpl e metano non hanno rivelato risparmi tali da giustificare le bifuel come auto aziendali.
Ma il nodo cruciale resta sempre e comunque l’autonomia di marcia. Un’auto diesel può arrivare a percorrere anche mille chilometri senza aver bisogno di rifornimento. Una cifra insostenibile per le auto bifuel, elettriche o ibride.
Come abbattere la spesa iniziale
Se tra i costi si vuol calcolare anche l’investimento iniziale per l’acquisto, non è di poco conto la circostanza che vede crollare il prezzo delle auto a motore diesel per spingere sul mercato i veicoli più ecocompatibili. Ma anche sul livello green forse c’è qualche considerazione supplementare da fare per sfatare alcuni miti. Intanto i nuovi motori Euro 6 diesel già in produzione si sono rivelati meno inquinanti dei cugini a benzina in termini di emissioni di CO2, al punto da riconsiderare i benefici derivati dal blocco della circolazione di veicoli diesel Euro 6 nei centri urbani. Benefici, stando a studi recenti, pressoché inesistenti.
Altra leggenda riguarda le auto elettriche. Per valutarne l’effettivo impatto ambientale dovremmo considerare l’intero ciclo di vita delle batterie che la alimentano. Secondo studi recenti, tanto la produzione, quanto lo smaltimento dei pacchi batteria si sarebbe rivelato di gran lunga più inquinante di un motore diesel. La vita su strada sarebbe dunque il periodo meno impattante sull’ambiente, ma non il più determinante nell’economia generale. E questo è uno dei motivi che sta spingendo a una riconsiderazione dei motori diesel, sui quali alcune case automobilistiche, a dispetto della tendenza del momento, hanno deciso di investire.
Prudenza per il futuro
Ricerca e innovazione tecnologica potrebbero aiutare in un prossimo futuro a rendere i motori meno inquinanti e a raggiungere livelli accettabili da consentirne la circolazione, sicuramente in ambito extraurbano ben oltre la famosa dead line del 2025.
Di certo chi ha intenzione di programmare il rinnovo del parco auto aziendali è più propenso a utilizzare formule di leasing o di noleggio, piuttosto che di acquisto, proprio nell’attesa di novità che mantengano in vita ancora per molto il tanto vituperato diesel. Nell’attesa meglio rifare un po’ di calcoli per aggiungere alle voci di spesa l’ecotassa, recentemente introdotta, sui veicoli che superano certi livelli di emissioni. La spesa può lievitare fino a 2500 euro per ogni veicolo.
Ultima modifica: 6 Marzo 2019