A dispetto della straordinaria tradizione rappresentata dai bolidi italiani, marchi come Ferrari, Alfa Romeo, Maserati, Lamborghini, la scuola dei piloti italiani ha vissuto momenti di grande gloria alternati ad altri di grande appannamento e di scarsissimo successo. Quello che stiamo vivendo oggi è uno dei momenti forse più bassi in assoluto per la scuola della guida sportiva italiana: un solo pilota in Formula, il 25enne Antonio Giovinazzi, seconda guida dell’Alfa Romeo, e a giudicare da quanto emerge dalle Academy non sembra esserci nessuno in grado di poterlo affiancare presto su una delle monoposto più veloci e più amate.

È un problema serio, legato ai costi che deve affrontare chi da giovanissimo cerca visibilità in questo settore agonistico e soprattutto nella mancanza di continuità dalla fase di crescita a quella professionale. Troppi piloti tra i 18 e i 22 anni si perdono, proprio quando invece negli altri paesi concretizzano esperienze importanti. Eppure non è stato sempre così. L’Italia ha avuto piloti leggendari.

L’Italia terzo paese per numero di piloti che hanno corso in F1

In tutto i piloti italiani che hanno corso in Formula 1 sono stati 94: l’Italia è al terzo posto per numero di caschi nel massimo campionato automobilistico, solo la Gran Bretagna ha fatto di meglio con ben 141 piloti. Ma il Regno Unito è anche uno dei paesi che vanta il maggior numero di gare amatoriali e giovanili in senso assoluto: le piste britanniche pullulano di piloti, scuderie e appassionati e la federazione motoristica inglese è probabilmente quella che vanta il miglior programma in senso assoluto per la scoperta e la tutela dei grandi talenti.

Alle spalle del Regno Unito gli USA con 138 piloti. L’Italia forse vanta i nomi più affascinanti in senso assoluto: è persino scontato che il primo nome che salga alla mente sia quello di Tazio Nuvolari, anche se il mitico “Nivola” non partecipò mai a un Gran Premio di F1 così come lo conosciamo oggi, pur avendo vinto qualsiasi altra gara possibile e immaginabile in auto e in moto. L’inventore della sbandata controllata, collaudatore spericolato e raffinato, segnò le sue imprese più leggendarie al Nurburging, quando vinse rimontando quasi 30” prima dell’ultimo giro (il circuito misurava 22 km.) e anche a Montecarlo quando portò al traguardo una macchina con il motore rotto che perdeva olio, evitando macchie e detriti accelerando il minimo indispensabile.

Alla Coppa Brezzi, primo evento automobilistico in un paese che stava rialzandosi dal dramma della guerra, Nuvolari conquista la prima pagina di tutti i giornali arrivando al traguardo con il volante in pugno: si era rotto, girava lo sterzo con una chiave inglese. Un personaggio d’altri tempi che è rimasto tale e ha meritato poemi, libri e anche uno splendido disco, dedicatogli da Lucio Dalla.

Formula 1 Italia: Da Ascari ad Alboreto; passando per lo schivo Brambilla, il chiacchierone Merzario e l’elegante De Adamich

Il primo vero campione di F1 è stato invece Alberto Ascari che corse con Ferrari, Maserati e Lancia vincendo due mondiali e 13 gran premi su 32. Pilota straordinariamente veloce e duttile, Ascari aveva una passione maniacale per le corse e la velocità: si definiva “malato e senza alcuna cura possibile”. Poco tempo dopo la morte di Nuvolari che scortò fino alla sepoltura con la sua auto da gara in un funerale con oltre 60mila persone presenti, Ascari trovò la morte a Monza durante un test con una Ferrari 750. Lo schianto fu terribile e il pilota morì sul colpo: l’inchiesta non rilevò né un cedimento meccanico né un errore del pilota così come molti testimoni smentirono che qualcuno avesse attraversato la pista all’arrivo del pilota. Ancora oggi la sua morte, che destò un profondo cordoglio in tutto il mondo, rimane senza una spiegazione certa. È stato sepolto al cimitero monumentale di Milano dove tre anni fa i busti bronzei della sua tomba furono trafugati e mai più restituiti.

Andrea De Adamich, pilota di grande eleganza e non solo velocità, è stato il primo a portare la divulgazione e la didattica delle auto e della pista in tv: dopo 36 gran premi con cinque marchi diversi tra i quali la Ferrari, De Adamich è diventato un commentatore e giornalista estremamente rispettato.

Vittorio Brambilla corse in F1 per sette stagioni tra il 1974 e il 1980 con March, Surtees e Alfa Romeo. La sua stagione migliore fu in March nel 1975 quando vinse in Austria ottenendo poi diversi altri piazzamenti importanti: monzese purosangue era cresciuto con i motori nel sangue e in testa. Figlio di un meccanico mosse i primi passi insieme al fratello fino a mettersi in luce e ottenere visibilità e rispetto. Il passaggio in F1 fu una giusta e logica conseguenza: era soprannominato “il Gorilla” per i suoi modi ruvidi e il suo aspetto imponente. Timido e burbero, era un uomo di grande affidabilità: la sua guida sul bagnato era strepitosa e irraggiungibile.

Ivan Capelli corse per otto anni in F1 prima di diventare anche lui un apprezzatissimo commentatore sportivo: tre i podi in carriera due dei quali con la March nel 1988. Arriva al sogno della sua vita, la Ferrari, nel 1992 ma la F92A è una delle rosse meno performanti di sempre e la stagione si chiude senza risultati apprezzabili.

Vitantonio Liuzzi è stato l’ultimo pilota italiani a ottenere dei punti (solo due) con la Force India, prima di un lungo digiuno interrotto da Antonio Giacomazzi.

Ma un cenno speciale lo merita Lella Lombardi, pilota donna che per tre anni si guadagnò il rispetto e la stima dei colleghi maschi conquistando mezzo punticino in diciassette gran premi disputati. Lella, che appena presa la patente coltivava il sogno delle corse guidando un furgone per il trasporto della carne del papà, macellaio, ci ha lasciati a soli 51 anni dopo una terribile malattia.

Arturo Merzario, il cowboy per via dell’inseparabile cappellone americano, ha guidato in F1 per otto anni con nove diverse scuderie arrivando a fondare la propria scuderia pur di avere una guida. Un veterano di grande esperienza e sempre estremamente diretto e schietto nei suoi giudizi: famoso il suo gesto di coraggio quando non esitò a gettarsi tra le fiamme per salvare Niki Lauda dopo il drammatico incidente del Nurburgring.

Alessandro Nannini, fratello della cantante rock Gianna, è stato un grandissimo talento della Formula Uno. Per anni si parlò di un suo possibile arrivo alla Ferrari ma quando la cosa stava per concretizzarsi il pilota perse un braccio in un incidente con l’elicottero. Nannini tornò in pista ma non alla F1.

Michele Alboreto per quattordici anni ha rappresentato al meglio il nostro paese in Formula Uno: uomo di grande eleganza, riservatezza e umiltà ha conquistato cinque vittorie correndo 215 gran premi. Arrivò alla Ferrari nel 1984 sfiorando il titolo mondiale l’anno successivo. Anche lui è rimasto vittima di una fine tragica quando nel 2001 al Lausitzring (lo stesso circuito teatro dell’incidente di Zanardi) si schiantò durante i test di un’Audi R8 Sport. Alboreto morì sul colpo dopo che un pneumatico era scoppiato. È sepolto a Lambrate.

Ultima modifica: 17 Luglio 2019