Che cosa è il common rail e a cosa serve

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Common Rail, letteralmente condotto comune: un nome inglese per un brevetto assolutamente e orgogliosamente italiano nato in Fiat dopo un lungo lavoro di studio congiunto con Magneti Marelli ed Elasis. Lo scopo, pienamente riuscito, era quello di rendere il motore diesel più economico e regolare nei consumi ma anche più funzionale e brillante nella sua resa dinamica.

Come nasce

Il progetto nacque a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 e si concretizzò solo nel 1997 diventando la grande novità del lancio dell’Alfa 156, la prima vettura motorizzata con un diesel common rail. In pratica il motore è allestito con un condotto di collegamento unico che unisce una pompa a iniezione ad alta pressione a una serie di iniettori regolati da una centralina che gestiscono in modo mirato il flusso del gasolio. Una quantità di combustibile adatta sparata polverizzata direttamente nella camera di combustione.

La Fiat era parecchio avanti con l’idea di una combustione di gasolio meno dispersiva e più potente grazie agli studi che avevano portato a un ottimo successo commerciale e di risultato con la Croma. Era il 1986. Fu in quel momento che nella casa automobilistica torinese nacque la consapevolezza che doveva essere fatto qualcosa per ‘riabilitare’ l’immagine del motore diesel considerato rumoroso, pesante e lento.

Common Rail, un brevetto nato a Torino che fa il giro del mondo

Quando il common rail nacque, la Fiat era in un momento di profonda trasformazione e pur essendo consapevole che i risultati del nuovo motore erano incoraggianti e avrebbero meritato ulteriori investimenti e ricerche, la casa torinese decise di tenersi la tecnologia così come l’aveva sviluppata per i propri motori ma scelse di cedere il progetto alla Bosch che era fortemente motivata dalla Mercedes.

I tedeschi svilupparono ulteriormente il brevetto prendendosi anche parecchi meriti che in realtà erano degli ingegneri italiani. Il common rail introduce il concetto della polverizzazione del gasolio che viene letteralmente sparato nella camera di combustione in goccioline microscopiche che servono a bruciare meno gasolio pur garantendo il massimo risultato della fase di esplosione. Fino a quel momento il motore diesel nell’immaginario collettivo era grossolano, rumoroso, puzzolente e fumoso.

Il common rail cambia completamente questi concetti offrendo un motore efficace ed economico che garantisce un risparmio nei costumi anche nel ciclo cittadino che sfiorano il 20% e una grandissima brillantezza di coppia quando il motore può finalmente erogare tutta la sua potenza. L’esperimento common rail convince tutte le case costruttrici che avevano in magazzino macchine diesel: tedesche, francesi, giapponesi. Il common rail è il motore diesel del nuovo millennio. Una delle cose più affascinanti del nuovo mezzo era soprattutto la sua silenziosità: anche motori importanti, dai 2000 cc in su, offrivano un suono completamente diverso rispetto ai diesel di vecchia generazione, più educato e ovattato.

Il sistema common rail, transito e polverizzazione del gasolio

Il sistema progettato dalla Fiat ruotava intorno alla veicolazione del gasolio al motore: una prima elettropompa spingeva il carburante nella pompa ad alta pressione ma qui, dopo i primi test, gli ingegneri si resero conto che il gasolio spesso era troppo sporco e rischiava di danneggiare gli iniettori. Di qui la decisione di applicare numerose pareti di filtraggio che lasciavano arrivare fino alla pompa ad alta pressione solo gasolio quasi puro: il rail faceva il resto. Con una spinta pari a 1350 bar il gasolio finiva dentro gli elettroiniettori, comandati inizialmente da una valvola elettromagnetica che Bosch poi perfezionò in una vera e propria centralina. È questo il cervello del motore, quello che dice agli iniettori quanto gasolio iniettare: se parte del carburante non viene esploso torna nel circuito per un ciclo successivo.

La centralina “legge” la pressione del piede sull’acceleratore e si regola di conseguenza azionando un meccanismo di salvaguardia se interviene la frizione o se la macchina è in manovra tra prima, retro e a basse velocità. Si parla di millilitri di gasolio che la centralina eroga senza sprechi eliminando quello che era uno dei più grandi problemi del motore diesel, il fatto che bruciasse tutto il carburante che arrivava in circolo senza eccezione, e tutto questo finiva semplicemente per generare più scarico, più fumo, più odore e certo non portava maggiore trazione. In fondo il gasolio costava poco e quindi si poteva anche sprecare a cuor leggero.

Da venti anni di Common Rail al Multijet

Il successo del sistema Common Rail è stato straordinario: lanciato nel 1997 dalla Fiat che lo inserì nelle due motorizzazioni dell’Alfa 156, la 1.9 e la 2.4 JTD con un responso commerciale e di critica eccellente, diventò il prodotto di battaglia che la Bosch distribuì in serie ad almeno una quindicina di costruttori per 20 anni. La cosa interessante è che in definitiva gli ingegneri Fiat, pur progettando qualcosa di assolutamente nuovo, si limitarono a implementare e migliorare uno studio che aveva almeno ottant’anni di vita: i primi che parlano di common rail furono i ricercatori del Politecnico di Zurigo: il loro obiettivo, senza l’utilizzo delle elettrotecnologie che sarebbero arrivate molto tempo dopo, era quello di adottarlo per i mezzi a motore della marina.

Un common rail per le auto, all’epoca era inapplicabile: troppo costoso, troppo pesante, troppo dispersivo. Sul common rail si sono buttate la Mercedes (CDTi), la Opel (HDi), Peugeot e Citroen (dCi) e Renault (TDCi) ma anche Ford, Toyota (D4D) e diverse altre. Ogni sigla stava semplicemente a indicare che il motore utilizzava esattamente le specifiche previste dal progetto acquistato dalla Bosch nel 1994 e che ogni casa le aveva fatte proprie. Per la Fiat il common rail divenne un marchio, il JTD, e un ottimo affare venduto pesantemente.

Perso il common rail con buona pace dei colossi tedeschi, la Fiat si mise al lavoro sul diesel silenzioso di seconda generazione che oggi conosciamo tutti con il termine di Multijet che viene presentato nel 2008 e su un’altra Alfa, la JTD.

Ultima modifica: 6 Giugno 2019