Come fare calcolo rimborso chilometrico

Un mezzo oramai di largo utilizzo nel mondo del lavoro per andare a colmare la spesa affrontata da un lavoratore che effettua una trasferta per conto dell’azienda è il rimborso chilometrico. Questo rimborso tiene conto di diversi fattori che ora andremo ad analizzare, non tutte le situazioni sono uguali. Ovviamente nel caso in cui l’auto sia aziendale è chiaro che il lavoratore non ha diritto ad alcun rimborso perché si presume sia l’azienda stessa a provvedere a tutti i costi relativi agli spostamenti.

Ci sono dei limiti legali innanzitutto che vanno a guardare l’auto utilizzata, parliamo in senso stretto di limiti di deducibilità che sono pari a 20 CV fiscali per le automobili a gasolio e 17 CV fiscali per quelle a benzina. Fattore abbastanza importante è la stima del chilometraggio annuale che la vettura compie, in base a quello vengono stabiliti gli importi per ogni chilometro che il lavoratore può richiedere all’atto del rimborso.

L’ACI ha semplificato la questione rimborsi stilando delle tabelle con gli importi prestabiliti per ogni chilometro che vanno calcolati in funzione del chilometraggio totale percorso. Queste tabelle sono stilate ogni anno e comprendono ogni auto circolante in Italia, in produzione o fuori produzione, a benzina, a gasolio, a metano, elettrica, ibrida e con qualsiasi alimentazione essa sia nonché stabilisce un tetto massimo di chilometraggio annuale (ai fini della deducibilità che analizzeremo in seguito); in buona sostanza basta andare a ricercare in queste tabelle ufficiali la tipologia di automobile utilizzata per trovare il coefficiente chilometrico da moltiplicare per il totale della trasferta ed il calcolo del rimborso è fatto.

Fattori che determinano il calcolo

Il rimborso chilometrico non è un semplice rimborso spese relativo al carburante impiegato perché sarebbe riduttivo. Il valore del rimborso incontra diversi fattori nel calcolo che vanno dal valore dell’automobile, al costo del carburante, all’usura delle gomme e delle parti meccaniche, al coefficiente relativo ai costi di assicurazione e bollo. Diciamo che il valore secco deducibile dalle tabelle ACI per ogni chilometro tiene conto di tutti questi fattori insieme.

Anche nel caso in cui il lavoratore non utilizzi un mezzo proprio, ma ne noleggi uno per affrontare una trasferta per conto dell’azienda, i calcoli sono gli stessi. Esistono in ogni caso tabelle specifiche anche per i motoveicoli.

Esempio pratico

Se, tuttavia, il calcolo in senso stretto è relativamente semplice da fare, la questione si complica per quanto riguarda la deducibilità fiscale e la tassabilità dello stesso rimborso. Tentiamo di fare chiarezza con un esempio: Mario è dipendente dell’azienda Tuttomaterassi e deve effettuare una trasferta per conto dell’azienda che comporta 400 km in totale e possiede un’automobile a gasolio con 20 CV fiscali che percorre una media annua di 20.000 km.

Per quanto riguarda il dipendente ha diritto al rimborso interamente senza subire tassazione dello stesso perché non supera il limite legislativo di potenza con la sua auto. Per quanto riguarda l’azienda i limiti di deducibilità, stilati in tabelle consultabili facilmente, sono più bassi e non corrispondono all’intero rimborso a cui ha diritto il dipendente.

Ossia, mettiamo caso che il dipendente avrà diritto a 200,00 euro di rimborso, l’azienda potrà dedurre fiscalmente 165,00 euro, la differenza di 35,00 euro non è deducibile e non viene tassata. Ovviamente può verificarsi il caso in cui il nostro Mario utilizzi la sua automobile che però ha una potenza di 25 CV fiscali (che quindi supera il limite legislativo) che succede in questo caso? La parte eccedente relativa ai 5 CV fiscali in più non è deducibile dall’azienda e non è tassata, ma al contrario viene tassata in carico al dipendente. Ovviamente anche le tabelle di deducibilità per le aziende sono stilate tenendo conto di ogni automobile in commercio e non, con ogni tipologia di alimentazione possibile e del chilometraggio annuale.

Come chiedere rimborso in busta paga

Abbiamo parlato più sopra della non imponibilità a carico del dipendente per quanto riguarda i rimborsi chilometrici a cui ha diritto, ma bisogna fare ulteriore chiarezza e fare distinzione nei vari casi.

Innanzitutto, fattore molto importante, bisogna distinguere trasferte che non sforano il comune di residenza e trasferte fuori il comune stesso. Per quelle fuori il comune vale quanto detto sopra, per quelle dentro il comune la cosa è diversa: sono tassabili fiscalmente e, di conseguenza, concorrono a formare la base imponibile del reddito.

Volendo complicare ancora le cose poniamo in esame il seguente percorso: casa – sede aziendale – trasferta fuori dal comune. Il rimborso chilometrico avverrà in toto ma il tragitto casa – sede aziendale, sarà tassabile e concorrerà a formare base imponibile. L’imposizione fiscale a carico del dipendente per trasferte entro i limiti del comune comporta il dovere di compilare la dichiarazione dei redditi, anche se con il solo reddito di lavoratore dipendente non sarebbe necessario.

La richiesta del rimborso chilometrico avviene attraverso la compilazione di un apposito modulo prestabilito da presentare all’azienda. Diverse sono le forme con cui l’azienda può onorare il pagamento del rimborso, ma in ogni caso devono essere tutte accompagnate da pezze giustificative.

Il dipendente può anche chiedere il rimborso integrandolo in busta paga, compilando sempre l’apposito modulo. Anche qui bisogna porre attenzione al fatto che si possono riscontrare rimborsi tassabili, in questo caso, come accade normalmente per lo stipendio, la tassazione avviene “a monte”, cioè calcolata e sottratta già in busta paga stessa, alla stessa maniera l’importo tassabile dei rimborsi chilometrici viene trattato fiscalmente in busta paga.

Esempio pratico

Un esempio: Mario ha richiesto attraverso l’apposito modulo un rimborso chilometrico di 200,00 euro in busta paga, tale rimborso è relativo a trasferte effettuate entro il comune. In busta paga troverà l’intero importo, a cui verrà sottratta la quota di imposta, ad esempio 35,00 euro, quindi 200,00-35,00= 165,00 euro pari al valore netto in busta paga da sommare alla quota netta del suo reddito.

Incrociando le varie tipologie di situazioni possibili e probabili i calcoli diventano più complessi e devono tenere in conto numerosi fattori. Nella realtà non è assolutamente raro invece trovare delle situazioni a “forfait”, cioè aziende che rimborsano i costi chilometrici a quota fissa, una sorta di media buona arrotondata.

 

Ultima modifica: 12 Aprile 2017