Accise benzina: quelle che fanno salire di più i prezzi

Accise benzina, l’incubo di ogni automobilista. Pesano per più di un terzo sul prezzo del carburante e lo fanno impennare. Scopriamone di più

Accise benzina: ne sentiamo parlare spesso, al telegiornale, specialmente in riferimento al costante aumento del prezzo del carburante. Ma, in realtà, cosa ne sappiamo di queste accise benzina? Nella ‘scienza delle finanze’, con il termine accisa si intende un’imposta sulla fabbricazione e la vendita di prodotti di consumo. In molti paesi al mondo, ed in particolare nei paesi non produttori di carburanti, il prezzo di questi è gravato proprio da accisa. In Italia esiste l’accisa sull’acquisto dei carburanti, la cui esistenza è stata giustificata, nel tempo, o da emergenze di cassa dello Stato Italiano, o dalla volontà di limitare le importazioni e, conseguentemente, la dipendenza da fonti energetiche esterne al Belpaese, o, infine, dalla necessità di compensare i danni causati dagli stessi carburanti all’ambiente (la cosiddetta ‘Green Tax’).

Accise benzina, quanto pesano sul costo per il consumatore?

In Italia, di recente, il prezzo della benzina è salito ulteriormente, provocando l’ira dell’automobilista, parzialmente mitigata da un lievissimo ribasso nelle ultime due settimane. Talmente poco significativo, però, per far respirare a fine mese l’italiano medio. Per ogni litro di carburante che si acquista soltanto una minima parte del costo totale viene collegata direttamente al costo industriale: il resto, anche se può apparire incredibile, è legato indissolubilmente alle tasse di vario tipo che gravano sul costo finale dei combustibili.

Allo stato attuale delle cose, il prezzo della benzina è composto da tre parti: c’è il prezzo netto del combustibile, all’interno del quale va incluso il guadagno dei gestori della pompa di benzina, le accise benzina e, naturalmente, il 22% di Iva. Praticamente, quando decidiamo di acquistare un litro di carburante, siamo obbligati a pagarci su una notevole quota di tasse: le accise benzina fanno la parte del leone, perché pesano per più di un terzo sul costo del carburante.

Accise benzina, ecco quali sono e quando sono state introdotte

Innanzitutto, un paradosso. Le accise benzina, nel tempo, sono state necessarie per fronteggiare dal punto di vista finanziario, in Italia, emergenze di varia tipologia, provocate da eventi naturali e non. Nel momento in cui, però, tali emergenze sono venute meno, questi incrementi non sono mai stati aboliti: la maggior parte di queste accise benzina, dunque, possono essere definite senza ombra di dubbio anacronistiche.

Lo Stato, per esempio, introdusse un accisa di 0,000981 euro come finanziamento per la Guerra d’Etiopia (1935-36), e, venti anni dopo, ne introdusse un’altra di 0,00723 come finanziamento della crisi di Suez. Negli anni Sessanta furono quindi stabilite altre tre accise benzina: 0,00516 euro per la ricostruzione dopo il disastro del Vajont (1963), medesimo importo per l’alluvione di Firenze del 1966 e per la ricostruzione dopo il terremoto del Belice (1968). Negli anni Settanta ecco comparire un’accisa di 0,0511 per la ricostruzione dopo il terremoto in Friuli (1976) e, quattro anni più tardi, un’altra di 0,0387 per quello in Irpinia. 0,106 euro, invece, fu il valore dell’accisa stabilito per il finanziamento della Guerra del Libano nel 1983.

Accise benzina, il boom degli ultimi venti anni

Dopo 13 anni di tregua per il consumatore italiano di carburanti, nel 1996 il Governo decise un aumento di 0,0114 euro per il finanziamento della missione tricolore in Bosnia, chiedendo ancora una mano al popolo nel 2004, con un’accisa di 0,02 euro per il rinnovo di contratto degli autoferrotranvieri e, l’anno seguente, 2005, ecco un’altra mini-tassa di 0,005 euro per l’acquisto di autobus che rispettassero pedissequamente delle normative ecologiche.

Nel 2009, quindi, l’Italia si vide costretta, con la morte nel cuore, a stringersi attorno al popolo de L’Aquila, colpito da un incredibile terremoto, ed ad introdurre un’accisa di 0,0051 euro sul costo dei carburanti, mentre, nel 2011, le nuove accise benzina sono state addirittura quattro: una ‘variabile’, da 0,0071 a 0,0055 euro per il finanziamento al settore cultura, un’altra di 0,04 euro per l’accoglienza migranti dopo la crisi che colpì la Libia, stato amico, una ulteriore di 0,0089 euro per fronteggiare gli alluvioni che misero in ginocchio le regioni Liguria e Toscana e, infine, una di 0,082 euro (ma di 0,113 euro per il diesel) per rientrare nei parametri del decreto ‘Salva Italia’, con il quale si concluse, nel dicembre 2011, un periodo durissimo per i consumatori dello Stivale.

La 17esima ed ultima accisa è stata introdotta, nel 2012, del valore di 0,02 euro, per fronteggiare i terremoti in Emilia.

Accise benzina, i risultati dei provvedimenti ed uno sguardo sul futuro

Tutti questi incrementi dell’accisa, i quali, nel tempo, sono stati stabiliti prima dal Regno d’Italia e, successivamente, dalla Repubblica Italiana, ammontano, in totale, a 0,41 euro (0,50 se si include l’Iva). Dal 1999, poi, un Decreto Legislativo ha conferito ampio potere alle regioni d’Italia di imporre un’autonoma imposta sulla benzina. I risultati? Ad oggi, le accise benzina sono pari a € 728,40 per ogni mille litri. Considerando, dunque, l’imposta di fabbricazione e l’onnipresente Iva, l’italiano medio paga, sulla benzina, tasse per il 69%. Inconcepibile? E dire che, nel 2014, la manovra del Governo Letta prevedeva un aumento di mezzo centesimo di euro: non andò in porto, fu congelato fino al 2018, anno in cui si prevede, ora, anche l’innalzamento dell’Iva di uno o due punti percentuali.

Lo Stato Italiano, però, adesso non può più permettersi di procrastinare tali futuri aumenti: i conti sono in rosso, il territorio è stato devastato da ulteriori terremoti nel centro Italia, ed ora, difficilmente, si potranno evitare rincari. Si parla di un aumento delle accise benzina di un paio di centesimi di euro: in questo modo, si avvierebbe la correzione del deficit pubblico per l’anno 2016 (senza, però, risolverlo), si ammorbidirebbe la posizione dell’Italia nei confronti della Commissione Europea, che ha già più volte chiesto al nostro paese, minacciando, per altro, di aprire una procedura di infrazione delle norme, e, infine, si rassicurerebbero i mercati, piuttosto nervosi. Ogni centesimo di aumento dell’accisa produrrebbe, in previsione, un gettito di 400 milioni di euro l’anno per l’Italia: con tre centesimi, secondo il Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, si coprirebbero le spese per i terremoti del 2016. Probabile un accordo a metà strada.

Ultima modifica: 20 Aprile 2017