Fazzoletti usati. Bottigliette di plastica. Pacchetti di sigarette vuoti. A Milano, città italiana all’avanguardia nella nuova mobilità urbana, le auto del car sharing (si noleggiano per pochi centesimi al minuto, si aprono e chiudono con le app) sono sempre più sporche.
Maleducazione su due ruote, il CT Cassani: serve rispetto
Non basta. Gli incivili a quattro ruote le abbandonano dove capita, incuranti delle multe con sovrapprezzo di 20 euro (per i fastidi procurati ai gestori del servizio). L’andazzo va avanti inarrestabile.
Ma se l’arroganza delle quattro ruote è universalmente riconosciuta, poco si parla di quella praticata da una delle categorie più politicamente corrette: i ciclisti, o in generale le due ruote.
Molti ciclisti, oltre a pedalare contromano e passare con il rosso, sfrecciano sui marciapiedi intimando ai pedoni di scansarsi (altrimenti volano parolacce).
Non basta. Se usano il bike-sharing, a fine corsa abbandonano la bici ovunque, senza preoccuparsi di ostruire portoni, passi carrai, e, appunto, marciapiedi.
I vigili, però, fanno finta di niente. La ciclolobby, infatti, gode di vasto consenso sociale e robuste protezioni politiche per meriti ambientali, che nessuno riconosce, invece, ai pedoni e a chi usa i mezzi pubblici.
Così, senza casco, targa e assicurazione, il cellulare all’orecchio e i bimbetti piazzati su precari seggiolini, i maleducati a pedali possono calpestare impunemente il codice della strada, le norme di sicurezza pro-infanzia e le buone maniere.
Mica è finita. Ultimi arrivati nel plotone incivili, gli esibizionisti della cosiddetta micromobilità elettrica: hoverboard, monoruota, segway, skateboard e monopattini.
Come i centauri prepotenti, vanno su e giù dai marciapiedi, sgusciano in mezzo alle auto e fanno slalom nelle isole pedonali, infischiandosene dei limiti di velocità e della buona educazione e sparpagliando i monopattini, a fine corsa, dove capita.
Anche qui, guai a protestare: «Sono mezzi puliti!» ti dicono a muso duro. Puliti ma pericolosi: «Sui nostri marciapiedi e sulle nostre strade circolano quelli che sono, di fatto, dei proiettili viaggianti» ha scritto il mensile specializzato Dueruote.
Vero. A Parigi c’è scappato il morto. E negli Stati Uniti, dopo centinaia di incidenti, soprattutto a danno dei pedoni, sono passati alle misure drastiche: l’ultraecologica Seattle ha proibito l’uso dei monopattini elettrici.
Da noi, invece, dilagano. Dopo Milano, ecco Cattolica (testimonial il ministro Danilo Toninelli…), Como, Pesaro, Rimini e Roma.
Tutto bene, quindi? No.
Infatti, venerdì 26 luglio il Comune di Milano ha fatto sapere, con una grida manzoniana, che chi utilizza la micromobilità elettrica non può superare i 6 km all’ora e non deve percorrere i marciapiedi (perché le bici sì?). I trasgressori rischiano fino a 99 euro di multa.
Davvero? Se non hanno nemmeno la targa, come li prenderanno? Al lazo? Morale. La nuova mobilità urbana abbassa di molto i livelli di inquinamento. Ma innalza tantissimo i livelli di rischio. E, soprattutto, di maleducazione, già corposi per via degli automobilisti che parcheggiano in seconda o tripla fila. Svoltano senza freccia, ignorano il limite dei 50 km orari. E mai cedono strada (come, invece, avviene nella vicina Svizzera) al pedone in attesa di attraversare sulle strisce.
Prima che arrivi il morto anche in casa nostra e pensando alle Olimpiadi invernali del 2026, sarà meglio rimediare. Seriamente. Pena una figuraccia mondiale di cui Milano e l’Italia non hanno proprio bisogno.
Massimo Donelli
Ultima modifica: 31 Luglio 2019