Giorgetto Giugiaro, il padre nobile del design italiano

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Giorgetto Giugiaro, padre nobile del design italiano, è sulla soglia degli ottant’anni. La voce è flebile ma i concetti sono forti, come la volontà di guardare al futuro dell’uomo e del suo mondo. Giugiaro, il 7 agosto compirà 80 anni e ha deciso di festeggiarli in anticipo, disegnando una nuova auto.

«Si chiama Sybilla ma è una creatura molto pratica, come piace a me. L’ho costruita su commissione della società cinese Envision Energy, che da Shanghai governa il mercato mondiale delle turbine a vento».

Un’auto ecologica quindi, che guarda al domani…

«E’ una berlina classica, lunga 5 metri con 4 posti, motore elettrico a emissioni zero e volante a forma di cloche da aereo: la guida autonoma arriverà ma per ora è meglio sia l’uomo a governare l’auto. Siccome la vettura ha una linea da coupé, è molto bassa e sportiva, mi sono premurato di rendere facile l’accesso anche alle persone di una certa età: il parabrezza è una cupola di vetro con apertura a scorrimento: si può salire quasi in piedi. E le porte si sollevano ad ali di gabbiano per facilitare l’accesso ai sedili posteriori».

Niente a che vedere col mondo dei Suv che lei non ama tanto.

«Non è del tutto vero perché vado in giro con un’ Audi Q3, ma in questo campo mi sento quasi un precursore. Nel 1978 alzai il pianale di una Lancia e forse quello fu il primo Suv della storia. Oggi i progressi dell’ingegneria e le quattro ruote motrici consentono anche a vetture così alte e imponenti di raggiungere i 200 all’ora. Sono quasi dei mostri. La gente li usa più per farsi notare che per comodità. E ora anche Lamborghini e Ferrari si sono convertite alla moda dei Suv».

Giorgetto Giugiaro Volkswagen Golf GTI
Giorgetto Giugiaro e la prima Volkswagen Golf GTI

Nel 1999 lei è stato nominato a Las Vegas il «designer automobilistico più importante del secolo». Che meriti si riconosce per questo titolo?

«In me la vocazione artistica è sempre stata grande, ma ho fatto anche scuole tecniche e nel mio design c’è il marchio della praticità, della concretezza. Ho progettato vetture economiche come Panda e Uno ma anche auto edonistiche come la Maserati Ghibli, Bmw M1 e Lotus Esprit. Ho affrontato temi diversi e li ho risolti sempre in modo credibile, piegando l’ispirazione alle esigenze pratiche».

Che Italia era quella della Panda, della Uno e della prima Golf?

«Era un momento felice per il mercato. I costruttori puntavano sulla logica del profitto e dei grandi numeri. Bisognava creare un design su misura per le esigenze delle case d’auto. Dunque un oggetto piacevole ma pratico. La mia estetica ha sempre tenuto conto delle tecnologie. Tutto quello che è solo design svincolato dal resto cozza contro esigenze pratiche e non può avere successo. Oggi, dopo la sbornia motoristica, al centro dei valori di un’auto ci sono l’insonorizzazione, il comfort, le connessioni elettroniche. E anche un designer si sente più libero nelle sue scelte».

Giorgetto Giugiaro – Fiat Panda

A questo proposito, lei progettò anche la mitica DeLorean DMC-12, poi usata sul set del film «Ritorno al Futuro»…

«Era dichiaratamente una vettura da sogno, qualcosa che si sposava bene all’idea di un viaggio nel tempo. Eravamo nel 1981, ma quelle porte ad ali di gabbiano e la carrozzeria in acciaio inossidabile sembravano proiettate in un’altra epoca. Fu divertente ritrovarla protagonista di un film di successo. Un’emozione simile la provai nel 1956, quando attori di Hollywood scelsero la mia Maserati Ghibli come auto personale per il loro tempo libero e le serate galanti».

DeLorean DMC-12, altra creazione di Giugiaro

Il segreto del suo successo sta davvero in quel primo contratto con il Centro Stile Fiat a soli 17 anni, nel 1955?

«Fu decisivo per me. Ci arrivai come studente di Liceo Artistico e lì trovai l’ingegner Giacosa che mi trasferì il suo sapere tecnico. Fondere insieme le due anime è stato determinante per la mia formazione».

Dopo le esperienze con Bertone e Ghia, nel 1968 arrivò la grande decisione di mettersi in proprio e la nascita di Italdesign…

«Nacque dal desiderio di fare qualcosa in prima persona, di creare architetture producibili, prototipi già pronti per diventare auto di serie. Qualcosa di molto diverso da Pininfarina e Bertone, che sono rimasti piccoli produttori dei loro modelli. Con Italdesign diventai portatore sano di nuove idee per i grandi gruppi automobilistici, Volkswagen in testa. Oggi molte case costruttrici si sono date strutture interne simili alla nostra per studiare e produrre direttamente nuove auto».

Giorgietto Giugiaro Alfa Romeo Brera
Giugiaro e Alfa Romeo Brera concept

Nella sua carriera ha disegnato di tutto: automobili ma anche un pallone per la Nba, macchine fotografiche per Nikon, macchine da cucire per Necchi, orologi per Seiko.

«Il design non cambia da un campo a un’altro, devi sempre creare qualcosa che facilita la vita, la rende più semplice. Il design è logico perché è funzionale diceva il grande Gillo Dorfles che ci ha lasciati da poco. E aveva pienamente ragione».

Può fare qualche esempio?

«Non bisogna disegnare per stupire. Oggi vedo coltelli inutilizzabili e cucchiai affilatissimi da cui cola il brodo. Da piccolo guardavo mia madre sarta, china sulla macchina da cucire. Quando progettai Logica per la Necchi pensai a lungo a lei e alle sue fatiche. Così la disegnai una macchina alta e fiera sul suo supporto, perché tutte le sarte non dovessero più lavorare a capo chino».

Giuseppe Tassi

Giugiaro e la prima Golf

Ultima modifica: 3 Aprile 2018

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