Il 40% delle persone vede il pendolarismo come la parte più brutta della propria giornata. Sui mezzi pubblici i pendolari devono fare i conti con affollamento, stress, malessere, disagi, ritardi, tempo perso e, ciliegina sulla torta, tutto questo gli costa anche un bel po’ di soldi. Quello che manca è un po’ di flessibilità .
Secondo un report del 2018 di Inrix, leader mondiale di analisi della mobilità , le 10 città più congestionate al mondo includono Los Angeles, New York, Sao Paulo, Londra, Parigi e Mosca. Un altro studio condotto dall’azienda di navigazione TomTom cita tra i contendenti al titolo Città del Messico, Bangkok, Jakarta e tre città cinesi: Chongqing, Pechino e Chengdu. La congestione del traffico sembra essere una conseguenza inevitabile dei centri economici.
Quest’anno è stata introdotta a Londra l’Ultra-Low Emissions Zone (ULEZ), un’area della città nella quale tutti i veicoli non ecologici devono pagare una tassa per il transito. Una tassa simile era già stata introdotta a Londra nel 2003 con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dalle auto e invogliare i cittadini ad utilizzare il trasporto pubblico. Tuttavia, entro il 2026, la città è destinata a raggiungere 9.3 milioni di abitanti e i mezzi pubblici cominciano ad accusare il colpo. Il Dipartimento dei Trasporti ha infatti riportato che le condizioni da “carro bestiame” di alcuni mezzi ha provocato un esodo di massa di tutti quei pendolari che cercano di evitare la “rush hour”. I londinesi cominciano così a prediligere il lavoro flessibile, con una serie di benefici sia per le aziende, sia per la società .
Anche Tokyo è alla ricerca di metodi per combattere il problema delle città congestionate. Entro la fine dell’anno il governo giapponese ha intenzione di offrire finanziamenti fino a tre milioni di yen (£20,698) ai residenti delle città più penalizzate dalla problematica, perché si trasferiscano in campagna. Nel frattempo, a Singapore, il World Economic Forum ha presentato un nuovo servizio di autobus che utilizza la tecnologia per ridurre gli ingorghi presenti nelle città . Progetti simili erano già stati sviluppati in modo meno definito a New York e a Chicago.
Il problema delle città congestionate è talmente diffuso che le iniziative proposte dai governi non bastano: è ora che le grandi aziende facciano la loro parte. Molte di queste, infatti, hanno già incluso lo smart working nel proprio modello di lavoro ibrido. Inoltre, il modello flessibile porta alle aziende un vantaggio di tipo economico, in quanto tutte le spese operative e di capitale sono coperte dal gestore dello spazio di lavoro.
Ricerche dimostrano che adottare lo smart working, lavorare più vicino a casa o eliminare del tutto il pendolarismo potrebbe ridurre i livelli di emissioni di diossido di carbonio di 214 milioni di tonnellate all’anno entro il 2030. Inoltre, se il lavoro flessibile continuasse a crescere a questa velocità , entro il 2030 i lavoratori di tutto il mondo risparmierebbero più di 3.53 miliardi di ore all’anno passate a viaggiare
Il risparmio delle emissioni
Ricerche dimostrano che adottare lo smart working, lavorare più vicino a casa o eliminare del tutto il pendolarismo potrebbe ridurre i livelli di emissioni di diossido di carbonio di 214 milioni di tonnellate all’anno entro il 2030. Inoltre, se il lavoro flessibile continuasse a crescere a questa velocità , entro il 2030 i lavoratori di tutto il mondo risparmierebbero più di 3.53 miliardi di ore all’anno passate a viaggiare.
In linea con la campagna delle Nazioni Unite “12 Years to Act on Climate Change“, favorire la riduzione del numero di pendolari che si riversano nelle grandi città risulta essere uno dei modi migliori per portare indietro le lancette del cambiamento climatico. In un mondo lavorativo in continua evoluzione, lo smart working rappresenta la scelta del futuro, permettendoci di costruire carriere ad hoc per noi, grazie all’integrazione quotidiana della flessibilità .
Ultima modifica: 31 Luglio 2019