Toyota C-HR è stata un successo fin dal 2016, trapiantando il design da concept al modello di serie quasi senza filtro. La nuova serie della Coupé High Rider, prosegue nel solco, con un carico di tecnologia.
La stazza resta quella, Toyota ha rinvigorito l’aspetto con accorgimenti mirati. Più corta di quattro centimetri, sempre sotto ai 4,4 metri, ma più larga di tre e più bassa di uno. Più acquattata, pronta a scattare. Minacciosa, con linee meno affusolate e con spigoli che definiscono il frontale. Alla prima occhiata riesce a farsi notare: obiettivo raggiunto. Rispetto a concorrenti dirette per motorizzazione come Hyundai Kona PHEV, e indirette, Jeep Compass, Mazda CX-30 e Volkswagen T-Roc, è una prerogativa non banale.
La C-HR oggetto della prova è la due litri full hybrid, con potenza di sistema di 197 cavalli, abbinata alla trazione integrale, una novità. Al vertice c’è la plug-in, ma il classico FHEV della Toyota rappresenta, a nostro avviso, l’espressione più azzeccata.
Il 4 cilindri benzina è supportato da una accoppiata elettrica, il propulsore anteriore da 113 cavalli e 206 Nm e quello posteriore da 41 cv e 84 Nm di che si occupa anche della trazione sul secondo asse. La nuova batteria agli ioni di litio ad alta potenza, installata sotto il sedile posteriore, è più compatta e pesa 1,5 kg in meno rispetto alla precedente, ma fornisce il 14% in più di potenza. L’orchestra, forte di un retaggio unico, promette di lavorare all’unisono.
L’allestimento è il GR Sport, completissimo, tanto che prevede solo due accessori a pagamento, uno dei quali presente: il pacchetto hi-tech che contribuisce a portare il prezzo prossimo ai 49.000 euro.
Valica in alto il crossover giapponese, che in ogni modo per la 1.8 full hybrid a trazione anteriore da 140 cv parte da 35.700 euro. Ma il piatto è ricco, di fatto non c’è nulla da chiedere in più.
In abitacolo si apprezza immediatamente la seduta, in linea col volante, che è più un po’ in basso, offrendo una posizione più naturale e adatta alla guida. La poltrona è più in bassa di quindici millimetri rispetto serie uscente: tocco di finezza che cambia l’ergonomia.
L’altezza rimane a sessanta centimetri da terra, ma cambia la prospettiva. Non è un dettaglio da poco, votato a un piglio, non solo estetico, più dinamico. Mettendo sul piatto una buona visibilità, anche in manovra, sia anteriore sia posteriore, nonostante il lunotto sempre piccolo, ma meglio sagomato per consentire un miglior panorama.
Lo spazio a bordo per la prima fila è più che soddisfacente anche per le taglie forti, con qualche attenzione da dedicare in accesso nella parte alta del montante anteriore per i più alti di 1.80. Pegno da pagare per lo stile sportivo. Il tallone d’Achille della prima generazione, l’abitabilità al posteriore, è mitigato dalla maggiore larghezza, e anche per quanto riguarda lo spazio per le gambe.
Non è una suite, ma risulta più accogliente, anche perché i cristalli delle seconda fila sono diventati più grandi e regalano la sensazione un ambiente non angusto.
Una lacuna, per status ma soprattutto per il comfort, consiste nella mancanza delle bocchette dell’aria posteriori. L’impianto di climatizzazione è potente, ma tale personalizzazione ormai è un must, in particolare modo per la categoria. Piccoli progressi anche per li bagagliaio, che ha migliorato di circa 15 litri la capacità di carico, ma non è certo uno dei più performanti della sua categoria.
La qualità dei materiali a bordo ha fatto passi in avanti. Soprattutto specialmente nella parte anteriore, sia su plancia sia su pannelli porta spiccano materiali soffici al tocco. Conferma che questa parte dell’abitacolo di C-HR, votata più alla guida che al “carico”, è privilegiata un po’ per tutto. Numerosi dettagli raccontano la maggiore attenzione, dalle luci di ambiente alla foggia delle bocchette anteriori, in ledi sui pannelli porta che cambiano colore, rosso o arancione, in base agli avvisi degli ADAS. I rivestimenti sono inappuntabili. Nella seconda fila le plastiche rigide, in ogni modo molto ben assemblate, sono più in vista.
Buone nuove anche per il nuovo display digitale della strumentazione da 12,3”, molto chiaro nella esposizione delle informazioni. Meno immediato da gestire dai comandi al volante, ma è un pegno, il rodaggio nel prendere confidenza, che ormai bisogna pagare con ogni automobile. Delle stesse dimensioni lo schermo centrale, anch’esso facile da orchestrare, anche a tocco. La percezione, confortata dai fatti, è di trovarsi a bordo di una vettura di livello.
Dettagli quali il nome completo esibito a led sul posteriore, prima Toyota in questo, o le maniglie delle quattro portiere a scomparsa – la cui chiusura centralizzata si fa sentire in modo chiaro e secco, anche in movimento dopo la partenza, confermano che le ambizioni di certo non mancano.
Toyota C-HR 2.0 AWD su strada
La nuova serie di C-HR segue il copione dell’ultima generazione del sistema full hybrid to Toyota, esibendo un affinamento generale. Mettendo sul piatto un’efficienza superiore.
Ci sono 13 cavalli in più, 197 rispetto a 184, questo è vantaggio. E l’accelerazione, con l’aiuto della trazione integrale, fa un salto quantico. Rispetto alla versione rilevata su Auto n. 8 del 2021 è scesa da un normale 9”97 nello 0-100 a un ben più vispo 7”34, oltre mezzo secondo meglio del dichiarato.
Impiega solo qualche attimo a cambiare carattere, anzi quando è spremuta si fa rispettare. Ma è soprattutto la ripresa a lasciare sempre il sorriso, con 5’18” nell’80/120, rispetto ai 5”52 della precedente generazione. La sinergia tra l’elettrico e il termico è funzionale, con il secondo che quando si cambia passo fa sentire la voce con poca discrezione.
La vocazione in ogni modo è un’altra, C-HR conferma di essere prossima all’eccellenza nei consumi. La calibrazione del 2 litri benzina, affinato nel suo funzionamento ha portato consumi eccellenti. In un ciclo medio reale abbiamo rilevato una percorrenza media di 18 km/litro. Monostante un serbatoio di capacità normale, 43 litri, ci si avvicina agli 800 chilometri con un pieno.
Toyota C-HR sfiora i 20 km/litro nell’extraurbano, buono in autostrada (14,1) e non sorprendente in città, qui è l’unica pecca, con 17,7 km/litro, facendo peggio del modello del 2021 (20,2). Qui c’entrano anche le quattro ruote motrici, soluzione più energivora. Anche se l’aggiunta del motore elettrico posteriore non ha pesato, letteralmente, perché la massa complessiva è aumentata di soli 3 kg, a conferma del lavoro di fino fatto dagli ingegneri giapponesi in tutti i comparti.
In tal modo è cambiata la ripartizione dei pesi: ora a 58/42, meno sbilanciata all’anteriore del precedente 60/40. Piccoli passi, ma tutti nella stessa direzione.
Lo scenario statistico è di ottimo livello, le sensazioni al volante vanno di pari passo. Le carreggiate più larghe di quattro centimetri non sono un colpo di testa, effettivamente conferiscono un carattere più deciso, senza dimenticare che l’abito non deve sempre fare il monaco. Il comfort resta un altro punto di forza di C-HR, grazie anche ai nuovi ammortizzatori che hanno reso più civile l’assorbimento del retrotreno. La differenza in questo caso è notevole, ora tutti i passeggeri godono dello stesso trattamento, a differenza della prima serie, meno benevola con gli occupanti della seconda fila.
A parte le alzate di cresta del quattro cilindri anche il comfort acustico è di livello elevato e quando si viaggia tranquilli la vettura è sempre piacere.
Il segreto di C-HR, a nostro avviso, sta proprio qui. Con una guida, anche vispa ma non nervosa, regala buone progressioni e tiene alla bada i consumi. Il tutto coincide con l’eCVT, il cambio a variazione continua, che coordina al meglio il rendimento e la scorrevolezza. Quando si forza bisogna tenere conto che la situazione diventa più brusca, per qualche secondo. Il pegno da pagare per una risposta pronta. Il comparto elettrico lavora parecchio, garantendo il silenzio in partenza e il supporto nei cambi di passo: in città si riesce a viaggiare per quasi della metà del tempo a zero emissioni.
Sapendo che sotto la cenere cova la brace – di qualche allungo più intenso, non del pericolo – la Toyota più estroversa risulta sempre sotto la vigilanza della sua schiera di ADAS. Completissima e di serie su ogni allestimento, che utilizza al meglio e con prontezza le informazioni comunicate da una telecamera, tre radar e otto sensori ultrasuoni.
La sicurezza è uno dei plus decisivi. Tutto sotto controllo, l’impostazione è per una dinamica di guida piacevole, con un retrotreno che allarga un poco la traiettoria quando si alza il ritmo. Niente paura, il controllo di stabilità entra rapido e deciso. Uno scenario di alto livello.
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Ultima modifica: 2 Aprile 2024