Museo Ferrari Maranello: tre curiosità insolite

4312 0
4312 0

Il Museo della Ferrari a Maranello, allestito su oltre 2500 metri quadrati a pochi metri dai capannoni dove si allestiscono i bolidi destinati al mercato e i bolidi che gareggiano in Formula 1, è riuscito a ritagliarsi in pochi anni uno spazio di prima grandezza tra le attrattive turistiche del nostro paese. Le visite sono migliaia, da ogni parte del mondo: e questo nonostante Maranello non sia esattamente Roma, Firenze o Milano.

Il Museo è stato rinnovato e riorganizzato completamente nel 2011 e raccoglie non solo le automobili da corsa e i trofei ma anche moltissime curiosità quanto meno insolite.

Lo studio del Drake, in occhiali scuri alla scrivania

 Uno degli scorci più amati del Museo è senza dubbio la ricostruzione dello studio dell’ingegner Enzo Ferrari così come lo si vedeva negli anni ’70. Scarno, essenziale, niente orpelli: un grande tavolo da lavoro, fogli, penne e matite colorate un po’ ovunque, un paio di libri, una vetrina con qualche trofeo e dietro la scrivania lui, il Drake, vestito in un elegante completo grigio con panciotto e cravatta e gli occhiali scuri che – diceva – “gli davano sicurezza”.

L’ingegner Ferrari trascorreva nel suo studio la maggior parte del tempo che passava in fabbrica e, ogni giorno, attraversava le varie aree di lavoro sia della parte sportiva che di quella commerciale parlando con meccanici, capi turno, assemblatori, donne delle pulizie.

Chi gli lavorò accanto a lungo disse che sembrava un primario che passava in rassegna il reparto. Parlava con forte accento emiliano e non alzava mai la voce: se in una riunione i toni si scaldavano, ma accadeva di rado, si prendeva l’ultima parola, a volte togliendosi gli occhiali.

Decine di auto, centinaia di trofei 

 Il museo è una passeggiata tra le meraviglie della storia Ferrari: ci sono i primi modelli delle Formula Uno progettate all’inizio degli anni ’50 ma la cosa più straordinaria sono i prototipi, auto nate per una richiesta ben precisa e mai più replicate. E siccome non si nascondono nemmeno gli errori a poca distanza dalla mitica 312T che vinse tutto ecco la 126C2 che nacque nel 1982 e fu uno dei più clamorosi insuccessi della gestione sportiva di Maranello.

Nell’area americana spicca una 308GT4 che l’importatore statunitense del cavallino Chinetti si fece fare personalmente per correre la 24 Ore di Le Mans. Il telaio era quello di una Dino ma il motore fu progettato apposta: è unica, il suo valore è inestimabile.

Tutti sanno che Steve McQueen è stato un abile pilota e un avido collezionista: quando si trattò di girare il film su Le Mans l’attore pretese la 512S V12, 550 cavalli e 340 km/h di velocità di punta. McQueen chiese e ottenne di utilizzare il mezzo e lo pilotò per diversi lunghi giri sullo storico tracciato misto di Le Mans: poi tentò di acquistarla. “Non è in vendita….” Fu la secca risposta di Maranello: ora è esposta nel Museo.

La Ferrari Colani, un salto nel futuro datato 1989 

 Macchina straordinaria, linea sinuosa e aggressiva, forse la prima vera macchina che meritò l’appellativo di Supercar: disegnata da Lutz Colani nel 1989 pochi mesi dopo la scomparsa di Ferrari, la Colani in qualche modo voleva smentire l’ingegnere convinto assertore che un buon pilota valesse molti cavalli in più di qualche stregoneria aerodinamica. Ma Ferrari lo diceva con il gusto della  provocazione: la Testarossa Colani nel 1992 scatenò i suoi due turbo V12 sulla pista desertica di Salt Lake City battendo il record di velocità per una vettura catalitica: 351 km/h.

Enzo Ferrari era un uomo di principio e d’orgoglio: quando la FIA decise di annullare il regolamento che riduceva a soli 1200 centimetri cubici la volumetria delle vetture destinate alla Formula Cart, l’ingegnere disse… “Vorrà dire che non andremo in pista ma la faremo lo stesso”. L’unica copia della Ferrari Cart è nel museo di Maranello: il compianto Alboreto la provò a Fiorano definendola una delle macchine più divertenti mai guidate. Una vettura nata per scommessa, realizzata come provocazione e che oggi resta una geniale intuizione che non scese mai in gara.

Ultima modifica: 12 Marzo 2019