Movyon, la smart road di Autostrade

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«Il nostro obiettivo è trasformare Autostrade per l’Italia da gestore di concessione a un operatore di mobilità vero e proprio»: impresa notevole ma possibile, come spiega Lorenzo Rossi, amministratore delegato di Movyon.

Lorenzo Rossi, amministratore delegato di Movyon

Come nasce Movyon?

«Siamo la versione 4.0 di Autostrade Tech, lo spin off tecnologico di Autostrade per l’Italia, creato nel 2009, che è sempre stato il ’laboratorio tecnologico’ di Autostrade e ha sviluppato tutte le tecnologie che oggi regolano la viabilità e il pedaggio in autostrada (per i pagamenti sia automatici che manuali), le informazioni sulla viabilità, le sale di controllo, ecc».

Che cosa è cambiato?

«La mission di questa azienda è differente: aprire anche all’esterno il ’laboratorio tecnologico’, sia per consentire la trasformazione digitale di Autostrade per l’Italia, sia per utilizzare al di fuori dal casello le nostre tecnologie, sviluppate e ingegnerizzate da anni, per estenderle in ambiti stradali e urbani, italiani ed esteri. La pandemia ha reso evidente la necessità di utilizzare maggiormente le tecnologie per diventare ’smart’: per noi significa un modo diverso di utilizzare le infrastrutture»

Sistema per il monitoraggio delle infrastrutture di Autostrade per l’Italia basato su intelligenza artificiale e Internet of Things

Che cosa è quindi una smart road?

«Per noi è ’la strada che si racconta’ all’utente che la sta percorrendo. Informazioni mandate con continuità e intepretate dalla macchina oltre che dall’uomo: questa è una smart road».

C’è già qualche esempio concreto?

«Sì, abbiamo attrezzato la prima area di servizio intelligente, a Peretola, in provincia di Firenze: servirà da prototipo. Abbiamo installato dei sensori necessari a raccogliere dati importanti, che ad oggi non abbiamo: ad esempio il numero di veicoli che entrano ed escono nell’area di servizio, e il numero di persone sul piazzale. È sul piazzale, quando gli utenti scendono o risalgono in auto, che si sviluppa la situazione più vicina a una ’piccola città’: capire quante persone sono presenti può dare informazioni molto utili».

Quali sono e come arrivano queste informazioni all’utente?

«Stiamo predisponendo una app che, sulla base di questi dati, dia le informazioni che servono all’utente in viaggio: se l’area di servizio è affollata, se c’è coda ai bagni, se ci sono stalli liberi di parcheggio. E anche servizi pratici, come prenotare il parcheggio per evitare la fila. Entrando nel locale, sulla app si attiverà in automatico la telecamera che controlla il veicolo parcheggiato, per permettere all’utente di fermarsi in tranquillità».

Che tempi ci sono per le altre aree di servizio?

«A Peretola i sensori sono già visibili ed attivi. Stiamo estendendo la sensorizzazione su tutte le aree di servizio della rete, sarà in test da settembre, e tendenzialmente subito dopo l’applicazione verrà resa disponibile a tutti gli utenti».

Ma la smart road non è solo un’area di servizio intelligente.

«La vera sfida è quella del veicolo connesso, fino ad arrivare alla guida autonoma. Oggi ci sono molti veicoli, non solo di fascia alta, già equipaggiati di schedine elettroniche in grado di ricevere informazioni secondo un protocollo standard europeo C-ITS. Il veicolo utilizza le info per eseguire delle scelte come rallentare, frenare, cambiare direzione. Il problema è che l’auto ha bisogno di qualcuno che mandi le informazioni, e per questo serve che strade e autostrade siano equipaggiate con sensori in grado di trasmettere questi dati».

Sembra un’opera enorme da portare avanti: avete già iniziato?

«Tra Firenze nord e Firenze sud stiamo equipaggiando un tratto di circa 26 chilometri con antenne che inviano informazioni come cantieri, restingimenti, code. Finiremo entro l’estate ed è la tratta autostradale più estesa in Europa, equipaggiata in questo modo: chi ha un veicolo predisposto potrà vedere gli effetti già alla fine di quest’anno».

Quindi anche l’auto deve diventare sempre più intelligente.

«Siamo in contatto con i principali produttori di auto che ci chiedono non solo di fare test ma di vedere gli effetti sui veicoli già in produzione. E stiamo sperimentando nuove modalità: si può immaginare una spia nel quadro comandi, che segnali ’attenzione coda’ o ’attenzione mezzi pesanti’. A ricevere queste informazioni saranno sia il guidatore che l’auto, se il produttore l’ha configurata così, e il veicolo potrà rallentare autonomamente. A differenza di quel che si manda su uno smarphone, queste sono comunicazioni di tipo attuativo. Per questo la crescita dell’infrastruttura e dei veicoli in grado di interagire deve andare di pari passo, un po’ come sta accadendo con la crescita dei veicoli elettrici».

Non potrebbe bastare la app?

«No, perché la smart road parla essenzialmente col veicolo: lo standard europeo di trasmissione ha tempi di latenza estremamente bassi, che uno smartphone non può garantire: se c’è bisogno di frenare, l’auto dovrebbe poterlo fare subito».

Sono soluzioni che possono favorire molto anche il traffico in città.

«Certo, nelle smart cities queste soluzioni vedono il loro coronamento più importante. Pensiamo a cosa vuol dire per una amministrazione pubblica monitorare e poter regolare l’accesso ai centri urbani, ad esempio per i mezzi pesanti e i bus turistici, risolvere le code coi semafori intelligenti e molto altro».

Un aspetto pratico, e non trascurabile, è quello delle tariffe dinamiche: come funzionerà?

«La tecnologia è in grado di capire se l’utente ha subìto un ritardo per uno o più cantieri, permette di misurarlo autonomamente e quantificare il rimborso sul pedaggio in funzione del tempo perso. Al momento del pagamento, con qualsiasi modalità, viene restituita una quota variabile del pedaggio, che può arrivare anche al 100% in funzione del ritardo e della distanza effettuata».

Franca Ferri

Ultima modifica: 24 Maggio 2021

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