L’Associazione Gabriele Borgogni, con il patrocinio degli Avvocati Annalisa Parenti ed Edward Cheyne, affiancheranno il Sindaco Dario Nardella al TAR per sostenere il provvedimento che ha imposto l’uso obbligatorio del casco anche per i maggiorenni che utilizzano il monopattino.
“In Italia nel 2020 ci sono stati 123 sinistri stradali con monopattino elettrico, alcuni dei quali molto gravi ed un decesso – afferma Valentina Borgogni, Presidente dell’Associazione Gabriele Borgogni Onlus-. Se si considera il numero ridotto dei monopattini in circolazione ed i lunghi periodi di lockdown che hanno caratterizzato il 2020, il dato è allarmante. Ecco perché l’Associazione Borgogni, che da anni lavora sul territorio in tema di sicurezza stradale, non può che sostenere con forza e determinazione il provvedimento che considera la vita, e quindi la sicurezza stradale, un bene comune da tutelare. Una tutela che deve necessariamente andare oltre agli interessi economici. Il numero crescente di monopattini sulle nostre strade ha portato a considerarli dei veri e propri mezzi di circolazione, ma nonostante alcune regole che li caratterizzano, vi è molta confusione ed anarchia nel suo utilizzo”.
L’Associazione Gabriele Borgogni sollecita anche sull’introduzione di un’assicurazione obbligatoria, esattamente come è già obbligatoria in Germania e in Francia. I monopattini elettrici dovranno anche avere una carta di circolazione, che ne attesti la conformità ai regolamenti tecnici nazionali e internazionali, e un manuale d’uso, ma per questi due requisiti è stata stabilita una moratoria di due anni che consenta ai costruttori di adattarsi agli standard fissati in materia.
“L’Amministrazione fiorentina ha portato all’attenzione, non solo locale ma nazionale, un problema che a nostro avviso deve essere preso seriamente in considerazione – continua Valentina Borgogni –. I crash test dell’FKA (ente tedesco di certificazione della sicurezza automotive) dimostrano che il monopattino che viaggia ad una velocità di 25 km/h e che impatta con un’auto, causa al manichino danni alla testa e al volto”. “Non solo: secondo uno studio di un’associazione francese per la regolamentazione dei monopattini elettrici, il rischio di rimanere uccisi sulla strada, rispetto alle ore passate a guidare, è tre volte più alto per chi guida un monopattino elettrico rispetto ad un ciclista”.
“E in Italia conosciamo bene le innumerevoli morti dei ciclsiti. Il casco è quindi necessario e ricordiamo che in Parlamento c’è una proposta ad hoc finalizzata all’obbligatorietà del suo uso per chiunque si metta alla guida di un monopattino. Siamo già in contatto con il Presidente della Commissione Trasporto On. Raffaella Paita la quale si è resa disponibile ad affiancare la battaglia dell’Associazione sull’argomento. Crediamo fortemente che la violenza stradale possa essere combattuta solamente se ognuno di noi mette in campo un comportamento civile e rispettoso per se stesso e per gli altri e che ci debba essere una normativa adeguata che sanzioni chi non lo faccia. La sicurezza stradale è un bene comune, e come tale deve essere considerata” conclude Borgogni.
“L’attenzione dell’Associazione è sempre stata rivolta alla sicurezza stradale, al fine di prevenire tutti quei comportamenti che mettono a rischio l’integrità psico-fisica di tutti gli utenti della strada – afferma l’avvocato Annalisa Parenti -. In tale contesto è evidente l’interesse dell’Associazione per il contenzioso in oggetto, in quanto avente ad oggetto un provvedimento che si prefigge proprio la tutela dell’integrità degli utilizzatori dei monopattini, che – come correttamente rilevato dal Sindaco di Firenze – per le intrinseche caratteristiche del mezzo e per i peculiari ambiti del suo utilizzo sono esposti ad un elevato rischio di incidenti, anche potenzialmente mortali o, comunque, fortemente menomanti”.
“L’interesse evidenziato è senz’altro tale da legittimare l’intervento dell’Associazione nel presente contenzioso, anche in considerazione dell’insegnamento giurisprudenziale per cui nel processo amministrativo «per l’ammissibilità dell’intervento ad opponendum è sufficiente che l’interventore possa vantare un interesse, mediato e riflesso rispetto a quello vantato dall’Amministrazione o dai controinteressati, rivolto alla conservazione del provvedimento gravato, dal quale l’interventore trae, sia pur di riflesso, una qualche utilità» (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 22 ottobre 2020, n. 1506). Non può, infatti, fondatamente dubitarsi che l’Associazione vanti un interesse alla conservazione del provvedimento, riflesso e mediato rispetto a quello del Comune di Firenze”.
Ultima modifica: 23 Gennaio 2021