La tegola delle concessioni autostradali fa il paio con quelle di Ilva e Alitalia ma, se mai è possibile, è ancora più complessa. Ci sono le conseguenze pratiche: chi mai si prenderà l’onere di sostituirsi a un soggetto che potrebbe lasciare una situazione tecnica disastrosa e gravata da conseguenze penali, e a quali condizioni e costi per il ’concedente’ Stato?
L’ipotesi Anas fa rizzare i capelli al suo vertice. E, visto come vanno le cose sulle strade non soggette a pedaggio e di sua responsabilità, potrebbero esserci ulteriori, continue magagne.
C’è poi quella finanziaria, tenuto conto delle condizioni che regolano le concessioni autostradali e che prevedono rimborsi miliardari. Il ricorso, non solo alla giustizia, sarebbe una certezza.
Si aprirebbe un contenzioso e lo Stato sarebbe costretto a inserire l’entità del danno nel bilancio in cui si inizia il corso giudiziale (e quindi assai probabilmente in quello in corso).
I perché di un disastro che si prospetta
Se i numeri sono giusti sarebbero ben più di 10 miliardi di euro da corrispondere ad Autostrade per l’Italia. A cui si aggiungerebbero gli importi richiesti dagli altri concessionari se anch’essi spossessati.
Ma si aprirebbe anche il fronte del danno agli azionisti, che oltre ai Benetton sono grandi Fondi stranieri. I quali, in ragione del crollo del valore in Borsa, richiederebbero pure loro un risarcimento.
D’altronde l’azionista di maggioranza del Governo, il M5s, si è spinto in una posizione di non ritorno. E difficilmente potrebbe fare marcia indietro, anche di fronte a un rimborso extralarge da parte di Autostrade sia allo Stato che e agli utenti.
In sintesi: un gran disastro. Che solo da noi può accadere.
Bruno Villois
Ultima modifica: 6 Gennaio 2020