Rimborso chilometrico: cos’è e come ottenerlo

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Cos’è il rimborso chilometrico

Non tutte le società scelgono di dotare i propri dipendenti di un’auto aziendale: in questo caso, chi si trova a dover effettuare dei viaggi per la ditta con un’auto propria ha diritto a quelli che vengono definiti “rimborsi chilometrici”, e per i quali c’è una legislazione ben precisa in merito.

Non sono pochi i motivi che spingono l’azienda a una scelta di questo tipo, anche avendo a disposizione i mezzi necessari per l’acquisto di un veicolo e la sua concessione ai propri lavoratori: la più recente evoluzione normativa, infatti, ha continuato a ridurre le percentuali di deducibilità dei costi relativi ai veicoli di proprietà di imprese e di professionisti, rendendo quindi sempre più conveniente fare riferimento al rimborso chilometrico per i tragitti sostenuti con il mezzo del dipendente.

L’uso dell’auto propria è tipica, ad esempio, dei liberi professionisti che si trovano a visitare committenti diversi, a cui poi vengono addebitate le spese di viaggio. Ma come calcolarle? E come fare nel caso in cui invece il lavoratore sia un dipendente a cui si chiede di effettuare trasferte con il proprio mezzo?

Per prima cosa, non è per forza necessario che il veicolo sia di proprietà del lavoratore, basta che sia nella sua disponibilità. Il rimborso chilometrico viene effettuato facendo riferimento alle apposite tabelle ACI, che vengono aggiornate ogni anno e poi pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale. Norme specifiche ci sono anche per la tassazione dei rimborsi chilometrici, per i quali il testo di riferimento è il TUIR, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi, in particolare in riferimento a due articoli: il 51 e il 95. L’Agenzia delle Entrate infine pubblica di frequente nuove risoluzioni che aiutano a definire meglio il funzionamento di questa normativa al fine di prevenire gli abusi e di assicurare un equo compenso per il lavoratore-viaggiatore.

Come ottenerlo in busta paga

Per il dipendente che effettua con un mezzo proprio o nella sua disponibilità trasferte per conto della sua azienda, la fattispecie da prendere in esame è quella del rimborso in busta paga. Va innanzitutto detto che il rimborso chilometrico – almeno per quella parte relativa ai costi proporzionali all’uso – non viene tassato; non si tratta infatti di una vera e propria remunerazione quanto di un rimborso, un indennizzo di spesa per quanto già sostenuto economicamente dal dipendente stesso.

Ci sono invece degli altri costi, in questo caso non proporzionali – i cosiddetti “fringe benefits” – che si comportano in modo diverso, vengono assimilati a una remunerazione e sono, quindi, normalmente tassati.

Con “fringe benefits” si intendono i benefici marginali, cioè quei compensi in natura che l’azienda offre ai dipendenti come aggiunta alla retribuzione ordinaria.

Perché il rimborso abbia una natura compensativa e non retributiva e quindi possa essere corrisposto in busta paga, è necessario che le trasferte in questione siano state effettuate fuori dal Comune in cui si trova la sede di lavoro, usando come riferimento il contratto o la lettera di assunzione, oltre alle note singole di rimborso. Se invece c’è una retribuzione per le trasferte effettuate all’interno dello stesso comune, c’è la normale tassazione. Come ha precisato l’Agenzia delle Entrate, però, l’eccedenza di rimborso per il tragitto casa/missione (nel caso in cui il dipendente parta dalla propria residenza invece che dalla sede di lavoro per la trasferta) se più lungo rispetto a quello sede/missione concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente imponibile.

Cosa non può essere rimborsato

Quello che non può essere rimborsato è appunto ciò che risulta una retribuzione, e non una semplice compensazione dei chilometri sostenuti. Quando ad esempio ci sono dei costi non proporzionali che vengono rimborsati dall’azienda, come l’assicurazione dell’auto, bisogna distinguere tra ciò che è effettivamente relativo alla missione e cosa invece può essere ricondotto all’uso privato del mezzo.

Inoltre è sempre necessario che ci sia una documentazione accurata per indicare le spese di viaggio, con richieste che devono essere firmate dall’amministratore. In mancanza di queste dichiarazione l’uso del mezzo proprio spesso non si intende autorizzato e quindi il costo relativo non può essere rimborsato da parte dell’azienda. In genere, tutto ciò che può essere riferito a un costo “accessorio” non viene rimborsato.

Modello di calcolo per rimborso chilometrico

Per calcolare il rimborso chilometro si fa riferimento alle tabelle ACI. Di norma, l’ACI convenzionalmente individua diverse fasce di riferimento per le percorrenze: ad esempio per le autovetture a benzina va da 5.000 a 50.000 chilometri l’anno in fasce da 5.000 km, per il diesel si raddoppiano tutti questi valori (e quindi da 10.000 a 100.000 chilometri all’anno, suddivisi in fasce di 10.000 chilometri), per i ciclomotori e per i motocicli si va dai 2.500 ai 25.000 chilometri, in fasce di 2.500 chilometri, e infine per gli autofurgoni si va da 20.000 a 90.000 chilometri all’anno, in fasce di 10.000 chilometri.

L’ACI deve comunicare all’Agenzia delle Entrate, ogni anno entro il 30 novembre, le tabelle relative alla percorrenze di 15.000 km. Queste tabelle vengono poi pubblicate dalla stessa Agenzia delle Entrate nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre dell’anno in corso affinché possano avere effetto per il successivo periodo di imposta.

Ci sono due tipi di costi annui di percorrenza previsti dall’ACI: quelli proporzionali (quindi la benzina o il gasolio, gli pneumatici, la manutenzione e così via), che cambiano a seconda di quanto viene utilizzata l’auto, e quelli non proporzionali, come le tasse o l’assicurazione RCA.

Se l’azienda sceglie di riconoscere solo la parte di costi proporzionali, il rimborso è interamente deducibile se l’autovettura rientra nella categoria dei 17 cavalli fiscali, se benzina, o 20 cavalli fiscali, se diesel. Se invece l’azienda riconosce, oltre ai costi proporzionali, anche una parte di quelli non proporzionali, bisogna fare riferimento a calcoli anche piuttosto complicati che tengano conto sia dell’utilizzo personale dell’auto che di quello lavorativo.

Ultima modifica: 21 Marzo 2017