Un uomo freddo, calcolatore, antipatico, arrivista, una persona sicura di sé ai limite dell’arroganza. Niki Lauda era un po’ di tutte queste cose messe insieme: certo non si possono considerare qualità se si valuta un uomo per quelli che sono gli standard normali, ma diventano doti eccezionali se quest’uomo è destinato a diventare un pilota di Formula Uno pronto a mettere tutto se stesso in ogni corsa e a correre il rischio di perdere la vita in ogni singolo Gran Premio. La Formula Uno degli anni ’70 era estremamente pericolosa: le macchine erano progredite sotto l’aspetto della potenza e della velocità ma ci sarebbero stati parecchi altri morti sulle piste, molti dei quali forse anche evitabili, prima di vedere sistemi di ancoraggio efficaci, abitacoli resistenti agli urti, impianti antincendio automatici e numerose altre precauzioni che proprio grazie all’impegno di persone come Niki Lauda sono diventate realtà.
Niki Lauda, la velocità come una droga
Niki Lauda fondamentalmente era un grande appassionato di velocità: la prima foto che lo illustra bambino è con una macchina da corsa in mano, una Ferrari. La prima volta che Niki ha modo di sperimentare è nella tenuta di campagna della sua famiglia. La questione è ammantata di un certo mistero: stando a quando lo stesso Lauda disse una volta, il suo primo go kart gli fu regalato dal padre Ernst-Peter, un ricchissimo industriale della carta con origini nobiliari, che vedeva in lui l’erede della floridissima attività di famiglia. Il nonno di Niki, Hans, era un capitano d’industria che aveva fatto una fortuna e il padre aveva finito per ampliarla ancora di più investendo nel settore immobiliare e finanziario diventando uno dei principali azionisti della prima banca del paese. Il padre di Niki Lauda ha sempre smentito di ave\\r regalato un go kart al figlio, dicendo di non sapere come questa passione per le corse sia nata nel figlio: anzi disse anche che Niki distrusse il Maggiolino che gli fu regalato come prima auto e che la famiglia lo lasciò a piedi dopo questo episodio.
Ma Niki Lauda aveva anche uno zio appassionato di motori, così come anche il nonno lo era e il signor Hans infatti era sicuramente molto più tollerante nei confronti delle passioni del nipote. Fatto sta che quando Niki cominciò a correre aveva solo quindici anni: sui go kart vinse tutte le gare a livello nazionale e corse con pochi soldi grazie a una scuderia viennese che era molto interessata ai soldi della famiglia Lauda e finì per trovare gli sponsor necessari. Quando si trattò di passare alle auto serie Niki si rivolse al padre che gli rispose “Nein!”. Niente fiorini per le corse, nemmeno con un diploma a pieni voti: “Vedi piuttosto di laurearti in fretta”. Niki non aveva alcuna intenzione né di studiarsi né di laurearsi: lasciò gli studi e con l’aiuto di un amico che gli faceva da manager riuscì a trovare i soldi per una stagione in Mini prima, poi per una seconda stagione in Formula Vee.
Quindi arrivò l’interesse della Formula 3 ma qui i soldi cominciavano a essere troppi. Il padre di Niki aveva completamente chiuso i rapporti con il figlio, non ne voleva sapere niente delle corse e del talento del rampollo e anche l’amico che si era improvvisato agente non aveva certo lo spessore per cercare tutto il denaro per finanziare un’intera stagione. Lauda, giocando anche sulla popolarità del nome della sua famiglia, andò dalle banche nelle quali suo padre aveva interessi economici e si fece concedere un prestito firmando una polizza sulla propria vita.
La lunga corsa di Niki Lauda verso il Mondiale di Formula 1
Niki Lauda riuscì a procurarsi un posto nella March in Formula 2, un buon posto perché la March che pure non era una scuderia ricca era famosa per avere imposto diversi piloti a livello mondiale: il pilota austriaco corre con Ronnie Peterson, molto meno preciso di lui ma estremamente aggressivo e famoso per le sue curve.
Niki Lauda cominciò anche a imparare, a rubare il mestiere da compagni e avversari e nel giro di due anni si ritrovò in Formula Uno correndo con la March anche in Formula 2, poiché all’epoca era possibile correre in più campionati: c’erano dei motociclisti che correvano in 125, 250 e 500 nello stesso wee-end. La March copre una parte delle spese: le altre ce le mette Lauda indebitandosi: “È la mia scommessa” disse il pilota austriaco che comincia a conquistare i suoi primi punti. La sua aggressività e la sua pedanteria ai box gli guadagnano un soprannome, “Il Martello”, per come stava attaccato ai battistrada di chi lo precedeva e per il modo in cui sfiancava i meccanici per settare la macchina.
All’ingegner Enzo Ferrari Lauda non è particolarmente simpatico ma alla fine, convinto anche dai suoi collaboratori, decide di metterlo sotto contratto affidandogli la promettente 312T. Con i soldi del contratto Lauda riuscirà a malapena a liberarsi dei debiti che lo opprimevano sempre di più di anno in anno. Finalmente è pagato per correre. Dopo una stagione non straordinaria nella quale però continua a maturare esperienza dietro a Clay Regazzoni, Niki Lauda esplode: il suo secondo anno in Ferrari è straordinario e gli vale una raffica di pole position, vittorie e il suo primo titolo mondiale. La tecnica di guida di Lauda si perfeziona di Gran Premio in Gran Premio: a seconda delle esigenze attacca come un forsennato o attende il momento propizio, è di fatto uno dei piloti che riesce a “leggere” la gara meglio di altri e che rivoluziona la strategia di gara che fino a quel momento era affidata allo stomaco e all’istinto dei piloti.
L’incidente del Nurburging piega Niki Lauda, ma non lo spezza
L’incidente del Nurburgring è lo spartiacque tra la carriera che poteva portarlo a essere il pilota di Formula Uno più vincente di sempre e quella di un sopravvissuto: sfigurato in volto, orrendamente ustionato, con i polmoni incapaci di garantirgli più del 40% della sua capacità respiratoria, Niki Lauda riuscirà a superare qualsiasi pregiudizio. Tornerà in pista poche settimane dopo l’orrendo rogo della pista tedesca, vincerà un altro mondiale in Ferrari e un altro ancora nel 1984 – rientrato dopo un momentaneo ritiro – con la McLaren.
La velocità continuò a sollecitare la sua fantasia e diventò quasi un’ossessione: con i soldi del primo titolo mondiale e le prime sponsorizzazioni personali Lauda si comprò un gioiellino, un Cessna a motore. Il suo primo aereo. Aveva sempre più impegni: le agenzie lo pagavano profumatamente per presenziare a collaudi, prove, convegni, eventi mondani e lui per non farsi mancare niente si comprò un aereo e arrivare ovunque in tempo utile. Lauda era una persona pronta a indebitarsi, ma pronta a tutto per guadagnare: per lui i soldi erano estremamente importanti.
Nel frattempo cominciò a prendere anche brevetti: bimotore, jet, jet passeggeri… in pochi anni il pilota fondò la Lauda Air famosa per lo stile strepitoso dei suoi aerei, con interni in pelle e servizio lusso. Poi arrivarono anche la Air Niki e la LaudaMotion. I famosi cappellini che indossava per coprire le orrende ustioni che avevano devastato il suo volto dopo il Nurburgring divennero il suo strumento di marketing. Un marchio sul suo cappello doveva rendere milioni di dollari… Lauda, gran lavoratore, è stato anche un instancabile donnaiolo nonostante il volto sfigurato: la prima moglie Marlene, innamoratissima di lui, gli perdonò tutto, anche un figlio avuto illegittimamente fuori dal matrimonio. La seconda moglie, Birgit, una sua hostess di trent’anni più giovane di lui, gli donò un rene, quando si rese necessario un trapianto, e due splendidi gemelli. Oggi Lauda, che aveva già fatto pace con il papà all’epoca dell’incidente in Germania, riposa accanto alla mamma Sissi a Neustift, vicino a una delle tenute di famiglia. È stato sepolto con la tuta rossa della Ferrari, la sua preferita, portata personalmente da Marlene insieme al casco del suo primo mondiale.
Ultima modifica: 12 Giugno 2019