Museo dell’automobile di torino: storia

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E’ una storia relativamente “giovane”, quella del Museo dell’Automobile di Torino, ma attraversa poco meno di un secolo e rappresenta forse, meglio di tanti film, o libri, ciò che è stato il 900. E’ uno dei musei più importanti al mondo, che riesce nei suoi spazi avveniristici a legare passato, presente e futuro. E’ uno spazio vivo, che accompagna i suoi visitatori in un viaggio a ritroso nel progresso, nella tecnologia, nel piacere della scoperta e poi li catapulta nel futuro dell’innovazione.

L’idea fu del primo presidente dell’Automobile Club di Torino, Cesare Goria Gatti, tra i fondatori della Fiat, e Roberto Biscaretti di Ruffia. Due aristocratici proiettati nel futuro che nel 1932 intuirono l’importanza della valorizzazione del progresso tecnologico. Il museo viene sistemato inizialmente nella ex Fabbrica Aquila Italiana.

Nei sotterranei di uno stadio il primo museo dell’automobile

E’ nel 1938, però, che la collezione, che contava già un centinaio di modelli, viene sistemata negli spazi sottostanti le gradinate dello stadio comunale. I locali ricavati ospitano anche biblioteca e archivio. La scelta non si rivela fortunata: i locali sono umidi ed esposti alle intemperie, condizioni che scoraggiano i visitatori ma soprattutto danneggiano il materiale custodito. Soltanto dopo la seconda guerra mondiale si comincia a pensare di realizzare una sede e nel 1955 comincia la costruzione dell’edifico di corso dell’Unità d’Italia.

Dalla fondazione passano quindi quasi 30 anni perché il Museo dell’Automobile di Torino trovi una degna collocazione e presenti una collezione importante. Fu infatti Carlo Biscaretti di Ruffia, figlio del senatore Roberto, a lavorare perché il museo prendesse forma. Oggi c’è un auditorium intitolato a lui, anche se nel 1960 (Biscaretti di Ruffia era morto l’anno precedente), il consiglio di amministrazione decise di intitolargli l’intero museo.

La sede del Museo dell’Automobile sulla riva del Po

L’imponente sede realizzata nei pressi del Lingotto, sede storica della Fiat, sulla riva sinistra del Po, fu progettata dall’architetto Amedeo Albertini, che provò anche soluzioni innovative nelle forme. All’inizio del nuovo millennio fu sottoposto a un grande lavoro di ristrutturazione e restyling, per essere l’edificio che è attualmente.

La collezione iniziale si è arricchita sempre più e attualmente sono 200 i modelli originali ospitati. Auto provenienti da diversi paesi e prodotte dalla metà dell’800 a oggi. 80 case automobilistiche diverse, italiane, naturalmente, ma anche francesi, inglesi, tedesche, spagnole, polacche, russe e statunitensi. La più antica automobile custodita è la Carrozza di Bordino del 1854, ma c’è anche una riproduzione in scala perfetta del Carro di Cugnot del 1769. E dal 1891 in poi con la Pecori, ogni anno fino al 2010 è rappresentato da almeno un modello di auto. Tra i pezzi unici anche alcune auto da competizione che hanno fatto la storia, come la Ferrari F310 con la quale Michael Schumacher esordì nella squadra del Cavallino o l’Alfa Romeo 179B di Andrea De Cesaris.

Altre auto sono custodite nell’area “Garage”, uno spazio di circa 2000 metri quadri dove trovano posto modelli che non vengono esposti nella collezione se non a rotazione, per motivi logistici. E nel piano interrato del museo, per come è stato configurato dopo il restauro del 2011, è stato allestito anche una scuola di restauro. E’ il cuore del Museo dell’Automobile ed è qui che vengono restaurate le vetture che vengono esposte. Dalla meccanica alla carrozzeria, fino alla tappezzeria. Il laboratorio restituisce i modelli per come erano quando sono usciti dalle fabbriche.

La memoria nei documenti e nei libri

E c’è un’altra area del complesso che rappresenta la memoria dell’intero progetto culturale. Si tratta del centro di documentazione, che occupa oltre 800 metri quadri raccogliendo un’importante documentazione sull’auto. Rispecchia, nella sua organizzazione, il percorso espositivo della collezione di veicoli. Anche le tre sezioni dell’archivio raccontano la storia delle fabbriche, delle corse, dei protagonisti, della tecnica. La biblioteca annessa conta oltre 7000 volumi su tutte le tematiche connesse al mondo dell’automobile e una preziosa emeroteca raccoglie decenni di cronache.

Il museo che conosciamo oggi è frutto della collaborazione tra l’architetto Carlo Zucchi e lo scenografo Fancois Confino, che insieme hanno lavorato tra il 2002 e il 2011 alla ristrutturazione e alla riorganizzazione degli spazi. I lavori furono affidati alla Recchi Engineering e alla Proger spa. L’edificio avveniristico che si presenta oggi ai visitatori non ha tradito lo spirito pionieristico dei suoi ideatori. C’è un racconto al centro della scena che segue un filo conduttore preciso basato sulla narrazione del design. La collezione di auto, esposta nell’Open Garage, raccontano non soltanto avvenimenti sportivi, ma anche le grandi trasformazioni sociali che hanno segnato tutto il 900.

Visitare il Museo dell’automobile di Torino significa anche immergersi in una lunga narrazione storica, artistica, sociale, scientifica, tecnologica ed economica. E il visitatore si sente proiettato nel futuro, che avrà sempre un’auto al centro, ma in un’ottica di mobilità sostenibile all’interno di città, e ambienti in genere, sempre più smart.

Un successo premiato anche dal Times

Per il Times di Londra il Museo dell’Auto di Torino è tra i migliori 50 musei del mondo, come è stato riconosciuto nel 2013. Due anni prima però era arrivato il premio In/ARCH-Ance, un prestigioso riconoscimento per il nuovo edificio terminato nel 2011 secondo il progetto Zucchi.

La grande vetrata che collega la nuova ala all’edificio pensato da Albertini nel ’60 assieme alla nuova piazza piazza coperta, hanno determinato l’assegnazione del premio che valorizza anche l’idea di continuità tra il nuovo edificio contemporaneo e gli spazi vicini della città. Un’idea innovativa di urbanistica e di interazione con la città e con il suo fiume, il Po. Gli spazi sono quindi raddoppiati ma si integrano perfettamente con l’ambiente annullando ogni impatto.

Questa nuova concezione del racconto di una storia e della Storia del Paese ha decretato il successo del progetto. Nei giorni immediatamente successivi all’inaugurazione del 2011 gli ingressi quotidiani registrati furono mediamente di 9000 persone. Cifre impensabili per un argomento così specifico. Merito anche delle nuove tecniche di racconto, attraverso interazioni multimediali e percorsi visivi di grande effetto.

Un giorno è sufficiente per visitare tutti gli spazi e per vivere un secolo di storia in un’esperienza unica.

Ultima modifica: 12 Settembre 2018