Come ognuno sa, il 1968 fu un anno cruciale. Il movimento studentesco scese in strada, prima a Berkeley, poi a Parigi e poi anche da noi. Per la prima volta nella storia, i figli contestavano i padri. Ne derivarono mutamenti nel costume che durano ancora oggi. Per quanto riguarda il nostro Paese, secondo qualcuno il Sessantotto non è mai finito e a differenza che da altre parti (con l’eccezione forse della Germania Ovest) avrebbe prodotto anche frutti avvelenati, ad esempio il terrorismo degli anni Settanta.
Ma quell’epoca non fu solo l’incubatrice di cattivi sogni rivoluzionari, fu anche una temperie di grandi imprese industriali, di idee brillanti, di entusiasmo, di una gran voglia di scrollarsi di dosso la tragedia di una guerra perduta.
Tra i frutti più belli, divertenti e duraturi degli anni Sessanta c’è indubbiamente anche il Piaggio Ciao, che fu molto più di un semplice “motorino”.
Origini del Ciao
Presentato a Genova nell’ottobre del 1967, il Ciao avrebbe conosciuto una vita estremamente longeva: l’ultimo esemplare prodotto lasciò infatti la catena della Piaggio addirittura nel 2006. Non capita tutti i giorni che un così umile mezzo di trasporto rimanga sulla cresta dell’onda senza interruzione per quarant’anni.
Era semplice, leggero e robusto, il Piaggio Ciao. Nell’aspetto ricordava una bicicletta da donna (senza la “canna”), ma era fatto apposta: si trattava di fare in modo che tutti, ma proprio tutti, potessero salirci comodamente sopra.
Eppure il Ciao (anche il nome fu davvero ben scelto) non era un mezzo di sesso impreciso come alcuni che lo avevano preceduto, per esempio gli ibridi come Mosquito o Veloselex: no, no, era un vero ciclomotore, seppure essenziale, spartano, senza tutti quei fronzoli che caratterizzavano altri mezzi dell’epoca.
La sua linea era semplice, basica quasi, ma proprio per questo attirava l’occhio e la simpatia.
Il serbatoio, per esempio. Teneva quasi tre litri e faceva parte del telaio. Dopodiché non c’erano parti meccaniche visibili: tutto molto pulito e lineare, come già detto. Una semplicità essenziale e accattivante. Pesava non più di 40 chili, tolto il carburante, ma non mancava di niente, compreso un comodo portapacchi sopra la ruota di dietro.
E poi il motore. Era un due tempi da 49 cc., raffreddato ad aria e col cilindro posto in orizzontale. Piccolo e compatto, si inseriva con naturalezza nell’angusto spazio che gli era riservato.
La frizione era automatica: la logica – come già per il telaio “ciclistico” – era che tutti potessero salirci sopra e guidarlo immediatamente, senza la complicazione del dover cambiare marcia.
Nei suoi 40 anni di vita il Piaggio Ciao è stato prodotto in tre milioni e mezzo di esemplari.
Che nostalgia.
Ultima modifica: 30 Aprile 2019