“La cosa che preferisco della mia Formula Uno? I freni: garantisco che se non mi fidassi di quelli non mi azzarderei mai a spingere la mia Mercedes a 300 km all’ora”. La frase è di Lewis Hamilton, pilota già entrato nel mito con cinque titoli mondiali in dieci anni sulla Freccia d’Argento. Curioso che un pilota di Formula Uno abituato a spingere al limite sull’acceleratore e a dominare qualsiasi velocità senza alcuna paura esalti proprio le qualità dei freni. Ma in definitiva gomme e freni sono le cose che su qualsiasi auto, anche la nostra utilitaria e non necessariamente una Formula Uno, ci tengono aderenti al terreno in tranquillità. Freni e gomme, dunque, vanno di pari passo nella costante e continua ricerca della sicurezza che è il primo obiettivo di qualsiasi progresso nel campo dell’automotive.

Inizialmente fu il freno a tamburo

Le tipologie di freno sono sostanzialmente due, a disco e a tamburo. Ormai l’immaginario collettivo pensa che gli impianti frenanti a tamburo siano desueti e del tutto scomparsi dal mercato. È vero, in gran parte per lo meno. Ci sono tuttavia alcuni mezzi, per lo più piccoli – motocarrozzette, motocicli, anche qualche piccola auto urbana – che possiedono ancora freni a tamburo di nuova generazione. Il freno a tamburo è stato impiegato per decenni con successo sia sulle auto che sulle moto: il loro vantaggio è che fondamentalmente erano semplici, economici, estremamente facili da riparare o da sostituire con poca spesa. Anche se il loro tempo di arresto non era esattamente quanto di meglio si potesse sperare, per anni anche auto di una certa importanza e di grande diffusione popolare hanno montato freni a tamburo.

Le mitiche Dyane e la 2CV hanno montato freni a tamburo e quando sono uscite di produzione nessuno aveva alcuna intenzione di rilanciarle con freni a disco di nuova generazione. Il freno a tamburo nasce intorno agli anni ’30: il principio è elementare. Un cilindro rotante interno è lo strumento che trasmette la trazione: all’atto della frenata due ganasce esterne foderate di acciaio resistente si stringono sul cilindro creando un attrito tale che il pezzo rotante, a poco a poco, rallenti fino a fermarsi. Un sistema che è stato utilizzato con successo anche sui vagoni ferroviari per esempio. Tuttavia intorno agli anni ’70 i freni a disco hanno cominciato a soppiantare la tecnologia a tamburo staccandola in modo netto.

Con tutto questo non è che i freni a tamburo non siano più prodotti, anzi: esistono persino dei brevetti che sono stati applicati anche alle vecchie ganasce come il VSC, un controllo di stabilità, o l’EBD, il controllo elettronico di distribuzione della frenata. Però, fondamentalmente, anche se non è escluso che un domani il freno a tamburo possa tornare con forza sul mercato grazie alla sua maggiore economicità, i freni a disco sono più versatili e sicuri. Le ganasce creano un attrito notevolissimo sul cilindro e questo porta a sviluppare temperature davvero elevate all’interno del sistema frenante a tamburo. Il freno a tamburo è più rumoroso, più lento, meno stabile e con il peso e la velocità dei mezzi di oggi se proprio si vuole progettare un impianto frenante a tamburo, sarà meglio farlo solo sulle ruote posteriori.

Freno a disco: soppianta la tecnologia a tamburo

I freni a disco hanno un principio simile – si parla sempre di attrito – ma su una dinamica completamente diversa: qui l’asse diventa verticale e il disco è montato parallelamente al pneumatico. Su di esso vengono montate due o più pinze equipaggiate con il cosiddetto materiale frenante, quelle che in gergo molto attuale chiamiamo pastiglie. I freni a disco si sono sviluppati con tutta una serie di brevetti eccellenti che rendono la presa, la tenuta delle pinze e la loro capacità di frenata semplicemente eccellente: se il freno a tamburo tende a bloccare immediatamente, o a “lasciare andare la ruota” prima di bloccarla, i freni a disco hanno una dinamica molto più armonica che rende lo stop meno traumatico e più gestibile evitando di perdere il controllo del mezzo.

Brevetti come l’ABS che hanno rivoluzionato il mondo dei freni, salvando centinaia di vite umane, hanno reso gli impianti a disco ancora più sicuri e competitivi. Il segreto dell’efficacia dei freni è nella potenza che sanno erogare. Ipotizziamo un pericolo, o la necessità di frenare: con il piede destro esercita una pressione sul pedale centrale. Se il freno a tamburo era quasi sempre azionato da un sistema a cavetti, il freno a disco lavora con un sistema idraulico estremamente preciso e reattivo: a cavallo del disco, sulla pinza, ci sono i pistoni che raccolgono l’ordine di mordere il disco con le pinze che riceve l’attrito delle pastiglie, elementi in ghisa con una superficie di contatto leggera e molto efficiente che è definita ferodo.

Il settore della ricerca nell’ambito delle leghe sta facendo significativi passi avanti per trovare pastiglie sempre più efficienti e sempre più economiche. A fare stringere le pinze sul disco è l’olio spinto dal comando del pedale verso i pistoncini. Ci sono voluti una ventina d’anni per definire questo genere di meccanismo che oggi è collaudatissimo ed è utilizzato da tutte le aziende produttrici di auto sia se si tratta di piccole utilitarie, grosse monovolume, fuoristrada o bolidi da pista.

Molto spesso si parla di pastiglie e di dischi, raramente invece si parla di olio: l’olio dei freni pretende una grande attenzione e non va assolutamente confuso con quello del motore. È molto più fluido, delicato, meno viscoso, quasi incolore: l’olio dei freni è in una vaschetta a parte, ben protetta. È uno dei materiali consumabili che si notano meno anche perché è raro che si verifichi la necessità di sostituirlo, a meno che non ci siano delle perdite nel sistema idraulico. In effetti parlare di olio dei freni è improprio, meglio parlare di lubrificante, o semplicemente di liquido dei freni.

Quali rischi può comportare un impianto frenante a disco? Per la verità pochi: purtroppo, come giustamente sottolineava Lewis Hamilton, ci rendiamo conto di quanto siano validi i nostri freni solo quando ci salvano la vita. Però una piccola precauzione si può ancora avere: può capitare, è sempre più raro, che nel circuito idraulico frenante si creino delle piccole bolle d’aria e che quando schiacciamo il pedale del freno il liquido non arrivi ai pistoncini e la macchina non freni. A macchina ferma, prima di partire, è sempre bene testare che non ci siano bolle d’aria con qualche colpo di freno che metta in circuito correttamente il fluido. Importante poi è sempre avere orecchio: se si sente un rumore di attrito dai dischi andate immediatamente a far sostituire le pastiglie onde evitare di dover cambiare una coppia di dischi irrimediabilmente rigati. Un disco rigato perde gran parte della sua efficacia frenante: e per pigrizia o risparmiare poche decine di euro di pastiglie non è davvero il caso.

Ultima modifica: 6 Giugno 2019