Guida autonoma: un sogno sempre rinviato. Ecco il perché

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Già a partire dal 1939 la General Motors presentò all’Expo di New York la visione “driverless”, ovvero senza conducente, della mobilità. In quel caso si trattava semplicemente di una dimostrazione di veicoli radio controllati che percorrevano percorsi prestabiliti. Dopo uno stop dovuto principalmente alla concentrazione della tecnologia su progetti bellici, a partire dagli anni Cinquanta ci fu una nuova spinta per i veicoli controllati da sistemi radio-meccanici. Dopo la prima apparizione dei computer negli anni ’60, i tecnici iniziarono a prendere in considerazione l’uso di questa tecnologia per poter implementare un sistema di gestione del traffico automatizzata. Fu sempre la GM, con promotore il dipartimento dei trasporti americano (DOT), negli anni Settanta a sviluppare il concetto di un’autostrada completamente automatizzata. Il concetto di automazione era però legato al singolo veicolo in quanto una rete in grado di funzionare autonomamente richiedeva una capacità di calcolo troppo elevata per le tecnologie dell’epoca.

Il miglioramento tecnologico di computer e sensori degli anni Ottanta portò un interesse sempre maggiore in questo campo. Tra i più produttivi ci fu l’University of California che presentò il Partners for Advanced Transit and Highways (PATH), un programma che portò sviluppi e ricerche significative per l’automazione, sia nella direzione di un aumento della sicurezza dei fruitori della strada, sia, e soprattutto, un miglioramento netto per quel che riguarda la portata di traffico, creando auto a guida autonoma inserite in un sistema autostradale interconnesso attraverso i computer. Da qui si sviluppò un progetto a lungo termine per la Automated Highway system (AHS).

Un piccolo passo indietro, trasporto su gomma vs trasporto su rotaia

Nel discorso legato alla sostenibilità degli spostamenti su terra è utile mettere a confronto il trasporto su gomma e quello su rotaia. Risulta evidente che un grosso limite per rendere efficiente lo spostamento su gomma è legato al concetto di portata di traffico.
Per portata di traffico si intende il numero di carichi utili o veicoli che passano, in una determinata sezione di spazio, durante un intervallo di tempo.

Per dare un valore possiamo mettere a confronto il trasporto di merci da parte di tir e di un treno. Consideriamo una velocità media di 45 km/h per il trasporto su gomma e di 80 km/h per quel che riguarda il trasporto su rotaia, il carico utile per un autotreno è di 20 t e occupa una lunghezza media di 60 metri, invece per un treno il carico utile corrisponde a 15 t per asse. Si considera infine un treno medio composto da 25 carri, ovvero 100 assi, per una lunghezza complessiva di 2500 m.
Concludendo i calcoli il trasporto su strada ha una portata di traffico pari a 10000 tonnellate ogni ora, mentre per la ferrovia è pari a 40000 t/h, ovvero quattro volte di più.

Oltre ai problemi legati al volume dei veicoli, uno degli elementi più fortemente limitanti per l’aumento della portata di traffico su gomma è il mantenimento di ampi spazi tra un veicolo e l’altro per la distanza di sicurezza. Infatti, tutti i veicoli dovrebbero mantenere delle distanze che tengano conto dei riflessi del conducente e degli spazi necessari per l’arresto dei veicoli. Per risolvere questa tipologia di problema negli USA si è scelto di eliminare la variabile imprevedibile: l’uomo.

7 agosto del 1997: la prima dimostrazione dell’AHS

Il 7 agosto del 1997 a San Diego, California, venne organizzata la prima dimostrazione del funzionamento dell’AHS. In quest’occasione accorsero per esporre le tecnologie fino ad allora sviluppate diversi protagonisti delle ricerche. La dimostrazione sicuramente più significativa fu portata proprio dalla PATH che fece avanzare su un tratto (chiuso alla normale circolazione) dell’I-15 due plotoni di otto veicoli su un’unica corsia. I veicoli, delle Buick LeSabre, erano dotati di un sistema di sensori per individuare la propria posizione e la posizione degli oggetti che la circondavano. Per gestire questa mole di dati forniti dai sensori e generare risposte adeguate da inviare a motore, sterzo e impianto frenante, il bagagliaio era totalmente occupato da computer.

Ogni auto appartenente a un plotone era separata da quelle limitrofe da una distanza fissa di 6.5 metri e una distanza tra i due plotoni di 60 metri. Le auto viaggiavano senza conducente a diverse velocità fino a raggiungere la velocità massima autostradale di 65 mph (circa 105 km/h) mantenendo invariate le distanze.
Utilizzando queste impostazioni, si poteva ottenere un aumento in termini di traffico per corsia pari al 115%. Per i numeri presi in considerazione inizialmente è chiaro come questo non risulti comunque sufficiente a rendere paragonabili le portate di traffico dei due sistemi, ma non c’è ragione apparente di ignorare un miglioramento del traffico su gomma.

1988: il fallimento del progetto AHS

Nonostante il successo della dimostrazione e delle ricerche portate avanti fino a quel punto, nel 1998 venne dichiarato concluso il progetto AHS. Una delle principali cause del fallimento risiede nel problema delle responsabilità. Non esisteva alcun documento di carattere legale che riuscisse a definire chi dovesse assumersi le responsabilità in caso di danni o guasti. Molti report del ministero dei trasporti confermano che non erano presenti problemi di carattere tecnico, ma gli ostacoli che non si è riusciti a superare erano di carattere legale, istituzionale e sociale. La percezione del pubblico e le abitudini dei conducenti sono problematiche difficili da aggirare. È dunque necessario riuscire a dimostrare i benefici che questa tecnologia può portare, in termini non solo di efficienza e di affidabilità, ma anche nell’ottica di un aumento della sicurezza stradale.

Nuove tecnologie, vecchi problemi

Lo sviluppo tecnologico non si è, però, arrestato, ha semplicemente cambiato direzione. In particolare, con l’avvento di chip sempre più piccoli e caratterizzati da una potenza di calcolo maggiore le soluzioni per aumentare la sicurezza sulle strade e, al contempo, semplificare l’esperienza di guida sono ormai di serie su molti veicoli in circolazione. Si prendano ad esempio i sistemi ADAS come il cruise control adattivo e il mantenimento di corsia, sebbene non sia presente una rete in grado di interconnettere tutti i veicoli, sono in grado di far provare a qualsiasi conducente un’esperienza di guida semi-autonoma.
La sperimentazione di sistemi di guida autonoma è ancora viva e in continua evoluzione, tuttavia i problemi che hanno fermato l’avanzamento nel 1998 sono gli stessi che rallentano e impediscono una diffusione capillare di queste tecnologie anche oggi.

Ultima modifica: 29 Marzo 2023