Benzina e diesel sono sotto i riflettori da parecchio tempo. Tema della discussione del momento non sono però i tanto temuti quanto odiati rincari dei prezzi. A far discutere l’Europa intera è lo stop alla vendita di auto con motori inquinanti a partire dal 2035.
Il problema è ben noto sul tavolo del Parlamento Europeo, che, già lo scorso novembre, aveva dato il via libera all’accordo raggiunto dalla Commissione, un provvedimento che aveva ottenuto anche l’approvazione finale dell’Eurocamera nella Plenaria di febbraio. A Bruxelles, il voto favorevole era quindi ormai dato per scontato, ma, il colpo di scena che ha determinato un cambio di rotta forzato, è arrivato al termine della riunione del Coreper di mercoledì scorso. Primo punto all’ordine del giorno, il regolamento che imporrebbe lo stop ai motori endotermici dal 2035 è stato messo in discussione e, di conseguenza, il voto è stato rimandato ad oggi, nella speranza di poter proseguire con l’iter decisionale. Il rinvio non è però servito e la presidenza svedese, non avendo ottenuto il riscontro sperato, si è vista costretta a escludere il tema dall’agenda dei lavori della riunione dei Rappresentanti Permanenti. La decisione è dunque rimandata a data da destinarsi. A far vacillare le certezze europee è stata la posizione contraria dell’Italia, in unione alle non poche riserve al via libera avanzate dalla Germania. Nonostante il rinvio e il tempo aggiuntivo per riflettere, l’Italia non si smuove e Berlino resta in dubbio. Vista la situazione di stallo, il punto non comparirà nel Consiglio Ue del 7 marzo, data in cui era prevista la ratifica dell’accordo senza intoppi. Ciò significa che le trattative continuano.
Il Regolamento Ue
Il provvedimento è parte del pacchetto “Fit for 55” che ha come obiettivo il dimezzamento delle emissioni inquinanti nell’Ue entro il 2030. Lo stop in questione riguarda l’immatricolazione di nuovi mezzi non l’usato. I proprietari di veicoli leggeri con motore a combustione, alimentati a benzina e diesel, saranno quindi liberi di continuare a circolare. Oltre all’azzeramento delle emissioni di CO2 di auto e furgoni nuovi nel 2035, il testo prevede dei target intermedi rivolti ai costruttori e il monitoraggio dei progressi da parte della Commissione. In fatto di deroghe, invece, c’è la cosiddetta Motor Valley, che tutela i produttori di nicchia, e l’esenzione destinata ai piccoli produttori. Per quanto riguarda gli incentivi, il bonus Zlev sarà adattato e ridotto a tappe, fino alla sua eliminazione.
Il nodo e le posizioni contrarie
Che qualcuno non fosse d’accordo con l’eliminazione dei motori endotermici non è una novità . Già al Coreper di novembre c’è chi ha storto il naso. In quel caso è stata la Polonia a votare contro, di fatto insieme alla Bulgaria che si è astenuta, scelta che per regolamento equivale a un voto contrario. Con l’aggiunta di Italia e Germania a remare contro, la Commissione rischia di vanificare mesi di delicati negoziati che hanno portato all’approvazione definitiva dell’Eurocamera a febbraio. Il problema sollevato è prima di tutto di tipo economico. Secondo quanto dichiarato dal governo italiano non è possibile stabilire come obiettivo la riduzione delle emissioni del 100% nel 2035 senza prevedere alcun incentivo per l’uso di carburanti rinnovabili. Come sottolinea in una nota inviata ai Rappresentanti dei 27, il Belpaese non è contrario all’elettrificazione dei veicoli leggeri ma chiede che vengano valutati e messi in atto altri percorsi per raggiungere le emissioni zero.
I pareri contrari sommati ai dubbi della Germania hanno dunque determinato un nuovo slittamento del voto, dal momento che il provvedimento non può permettersi di essere accantonato da una minoranza di blocco.
Il voto e la minoranza di blocco
Perchè il Regolamento passi, è necessaria la maggioranza qualificata e per raggiungerla devono essere soddisfatte contemporaneamente due condizioni: il 55% degli Stati membri vota a favore, gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65% della popolazione totale della Ue. Ciò significa che 15 paesi su 27 devono esprimere un parere favorevole e che questi stati devono rappresentare gran parte degli europei. Al contrario, la minoranza di blocco, quella che è cioè in grado di bloccare la decisione, deve comprendere almeno quattro membri del Consiglio.
In questo caso, se l’Italia resterà ferma sulle proprie posizione così come Polonia e Bulgaria, che non sembrano intenzionate a smuoversi, l’ago della bilancia sarà la Germania. Dal momento che nessuno dei quattro Paesi ha espresso un parere positivo, la presidenza svedese si è vista costretta a rimandare la decisione a data da destinarsi, in attesa di un accordo.
Ultima modifica: 8 Marzo 2023