Il settore dei trasporti, responsabile di quasi un quinto delle emissioni globali di gas serra, è in piena transizione verso la trazione elettrica, che potrebbe abbattere queste emissioni in modo significativo.
Nei Paesi industrializzati, la situazione è ancora più estrema: nella Ue, attualmente, i trasporti sono responsabili di un quarto delle emissioni a effetto serra e consumano un terzo di tutta l’energia finale, che proviene principalmente dal petrolio.
Quando si parla di trasporti, il problema più grave deriva dal traffico su strada: auto, furgoni, camion e autobus producono circa il 75% delle emissioni di gas a effetto serra generate dai trasporti.
Oltre all’effetto serra, i trasporti su strada sono anche una delle fonti principali di inquinamento atmosferico, soprattutto nelle città , dove si concentrano le emissioni di particolato e di biossido di azoto, che danneggiano la salute e l’ambiente.
Sulla mobilità sostenibile la Cina è in pole position, con quasi metà del mercato dei veicoli elettrici, ma anche l’Ue si sta impegnando con normative sempre più stringenti. Le auto elettriche quest’anno hanno triplicato la loro quota di mercato in Europa, grazie ai nuovi limiti imposti alle compagnie automobilistiche ed entrati in vigore il primo gennaio.
In base alle stime di Transport & Environment, i veicoli elettrici raggiungeranno il 10% del mercato europeo quest’anno (dal 3% del 2019) e il 15% l’anno prossimo.
Sull’onda di questo cambiamento, sempre più Paesi europei si stanno impegnando a mettere al bando la vendita di auto con il motore endotermico.
Dopo la Norvegia, che ha posto come limite il 2025 (e ce la farà , perché ormai il suo mercato dell’auto è dominato dalle elettriche), anche gli altri Paesi scandinavi, oltre a Olanda, Slovenia e Irlanda, hanno posto come limite il 2030, la Scozia il 2032, il Regno Unito il 2035, Francia e Spagna il 2040.
La pandemia di Covid-19, nel frattempo, ha contribuito ad accelerare la transizione verso una mobilità più pulita nelle città . Con il calo del traffico automobilistico durante il lockdown, si è aperta una finestra di opportunità per riallocare lo spazio pubblico e i sindaci ne hanno approfittato subito per ridisegnare le città e dare più spazio a pedoni e ciclisti.
Nelle città europee sono stati realizzati centinaia di chilometri di nuove piste ciclabili e si sono create fiumane di persone che si muovono in bici, tanto che acquistare una bici è diventato difficile perché i distributori non riescono a star dietro alla domanda, come si è notato anche dall’assalto al click-day per il bonus bici in Italia.
C’è un movimento corale verso la mobilità dolce, da cui si vede che basta offrire ai cittadini maggiore sicurezza sulle strade per farli passare a mezzi di trasporto più sani delle macchine, come le bici o le bici elettriche, riducendo drasticamente gli ingorghi e le emissioni inquinanti degli spostamenti.
Spiega William Todts, direttore esecutivo di Transport & Environment.
«Tutte le crisi sono momenti di accelerazione dei cambiamenti e in questo caso c’è stata un’enorme accelerazione di un processo che era già in corso da trent’anni».
Tutti i sindaci delle città europee cercano di dare più spazio a pedoni e ciclisti, togliendolo alle auto più inquinanti, ma è un processo difficile perché ci sono molte resistenze. «Ora siamo a un punto di svolta, perché si è aperta una finestra di opportunità per accelerare questo processo in una fase in cui le persone sono chiuse in casa e le città sono più vuote, così come c’è stata l’occasione d’introdurre una maggiore digitalizzazione nel lavoro», rileva Todts.
I sindaci ne hanno approfittato, riallocando lo spazio pubblico e ridisegnando le strade a favore di pedoni e ciclisti. Ora che gli abitanti delle città hanno avuto modo di respirare per qualche mese aria pulita, difficilmente si tornerà indietro alla situazione precedente.
Elena Comelli
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Ultima modifica: 29 Gennaio 2021