L’era di Stellantis, ma l’Italia ci perderà

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Per chi come me è nato negli anni 50 sembra impossibile che non esista più la Fiat.  In verità oltre 10 anni fa la denominazione in FCA aveva già segnato il destino del nome, ma non della guida. Adesso, con la nascita di Stellantis, siamo ai saluti.

L’azionista Agnelli mantiene una quota rilevante, e la presidenza, ma guida e decisioni si prenderanno nella solita Francia.

L’Italia, già ai vertici dell’auto europea, dopo la moda perderà anche l’auto. Resta il sogno di ogni generazione, la Ferrari, ma siamo nella nicchia del super lusso.

Chissà come mai non è successo né ai tedeschi, né ai francesi di perdere il pezzo da novanta dell’industria manifatturiera e a noi sì?

Sarà che non abbiamo un imprenditoria capace di conquistare ma solo di vendere o, peggio ancora, non abbiamo una politica in grado di imporre in nessuna misura una leadership internazionale, che supporti la carovana Italia nel mondo.

Detto questo, dal punto di vista industriale e finanziario la fusione guidata da Peugeot ha indubbiamente valore.

Ogni partner porta in dote aree dove è in posizione primaria. I francesi sono più avanti nell’elettrico e Fca nel diesel a basso impatto ambientale.

La capitalizzazione si moltiplica oltre la somma, per gli effetti che dovrebbero derivare dalle strategie industriali, il debito si assesta verso il basso e il ricorso al credito per investimenti e/o acquisizioni ha maggiori possibilità di essere concesso a condizioni ideali.

Peccato che se ne avvantaggeranno di più i transalpini. I quali disporranno di un’opzione, non dichiarata ma presunta, per diventare maggioranza assoluta.

Bruno Villois

Ultima modifica: 18 Gennaio 2021