FCA e Renault, l’analisi di Giuseppe Turani

2995 0
2995 0

Gli Agnelli, da sempre padroni della Fiat, hanno sempre saputo almeno tre cose: la casa torinese era troppo grande per l’Italia; ma troppo piccola per il mercato globale; il suo destino era quindi quello di diventare parte di qualcosa di più grande.

Cioè di fare accordi. E infatti la Fiat ci prova da sempre. L’elenco dei suoi tentavi riempirebbe una piccola biblioteca. Praticamente non esiste casa automobilistica con la quale non abbiano tentato un’intesa (a partire dalla francese Simca fino alla Ford).

Quest’ultimo tentativo, con la Ford, trattato da Vittorio Ghidella, è saltato per l’opposizione del restante management Fiat perché prevedeva il trasferimento dei poteri a Detroit alla morte dell’avvocato Agnelli.

Adesso si riparte con l’intesa con la francese Renault e sembra che l’accordo vada in porto, con la possibilità di trascinare nella combinazione anche la giapponese Nissan (già alleata di Renault), sia pure in un secondo tempo.

Se tutto dovesse andare come previsto, nascerebbe il più grande gruppo automobilistico mondiale, forte di una produzione di oltre 16 milioni di vetture all’anno.

La Volkswagen arriva a dieci milioni e la General Motors (una volta la più grande azienda del mondo) è ferma a otto milioni di vetture.

Non si conoscono i dettagli dell’operazione (ma adesso si conosce la proposta di FCA) e quindi non si può dire come saranno distribuiti i poteri. Ma di sicuro Torino avrà un peso rilevante, anche se non totale. Infatti non compra (come fu nel caso Chrysler), ma si accorda.

I motivi dell’Alleanza

La ragione di queste intese è sempre la stessa. Economie di scala, non solo per la produzione e la progettazione. Ma anche per il marketing, le reti di assistenza, ecc. In questo caso, poi, per i francesi c’è un doppio interesse. Mentre la Fiat è abbastanza forte in America (grazie alla Chrysler), i francesi sono del tutto assenti su quel mercato.

In sostanza, con quest’operazione la Fiat diventa il primo protagonista mondiale. E quindi si assicura il futuro. Sarà un po’ meno italiana, ma anche questo era un processo inevitabile. Un capolavoro di management, se si tiene conto del fatto che alla morte dell’Avvocato (2003) la Fiat era di fatto un’azienda fallita.

Giuseppe Turani

Ultima modifica: 27 Maggio 2019