FCA-Renault, Elkann non ci sta: è stato un diktat politico

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Accordo sì, ma non a tutti i costi. Dopo cheil board di Renault aveva comunicato l’impossibilità di prendere una decisione «a causa della richiesta dei rappresentati nello Stato francese di posticipare il voto» e preso atto delle richieste in crescendo, il presidente di Fca, John Elkann, e l’ad, Mike Manley, hanno capito che il sogno era svanito.

Così, hanno riunito il board a Londra e hanno deciso di staccare la spina. «Il cda di Fca ritira con effetto immediato la proposta di fusione. Non vi sono attualmente le condizioni politiche affinché l’operazione proceda con successo».

Fine di una promessa di matrimonio durata dieci giorni. Elkann ha spiegato la propria scelta in una lettera ai dipendenti. «La proposta, il suo tempismo ed equilibrio – ha detto – erano corretti. La scelta di interrompere il dialogo non è stata presa con leggerezza. Ma con un obiettivo in mente: proteggere gli interessi della nostra società».

«Persino la miglior proposta, come lo era questa – ha sottolineato il numero uno di Fca – ha poche possibilità di raggiungere il successo finale se le sue fondamenta si rivelano instabili alla prova dei fatti».

Ergo, occorreva scegliere responsabilmente. «Ci vuole coraggio per iniziare un dialogo come abbiamo fatto noi. Quando però le conversazioni vengono portate fino al punto oltre il quale diventa irragionevole spingersi – ha concluso – è necessario essere altrettanto coraggiosi per interromperle. E ritornare all’importante lavoro che abbiamo da fare».

Da quanto filtra, non è un arrivederci, ma un addio. Certo che se lo Stato francese ha svolto un ruolo da protagonista, quello italiano s’è chiamato fuori.

Le reazioni della politica italiana

«Questa vicenda – sostiene il ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio – dimostra che quando la politica cerca di intervenire nelle vicende economiche, non sempre fa bene».

Sindacati e opposizioni sono insorti. «In Francia – osserva il leader della Cgil, Maurizio Landinine hanno discusso tutti. In Italia nessuno». Il numero uno della Fim-Cisl, Marco Bentivogli accusa il governo italiano di «colpevole quanto ingiustificata e totale assenza».

Di «occasione persa», parlano il segretario della Uil, Carmelo Barbagallo, e il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia. «Il ministro dello Sviluppo Economico non sa, per sua stessa ammissione, perché sono naufragate le trattative. Bene così», ironizza l’ex ministro Carlo Calenda.

E attacca Macron. «Si conferma quanto di più lontano dall’europeismo, sempre predicato e mai applicato, si possa immaginare. È un nazionalista». Contro lo Stato francese anche Giorgia Meloni. «Mi pare che sia una grande dimostrazione di come per la Francia il libero mercato non valga in realtà e valga solo quando ci sono condizioni molto vantaggiose per lo Stato francese».

FCA batterà altre strade

Di sicuro, per Fiat Chrysler Automobiles riparte la caccia. «Continueremo ad essere aperti – avverte Elkann – a opportunità di ogni tipo che offrano la possibilità di rafforzare e accelerare la realizzazione di questa strategia e la creazione di valore». PSA (Peugeot-Citroen-DS-Opel) era l’altro candidato, ma oggi ha un difetto: è francese.

Alessandro Farruggia

Ultima modifica: 10 Giugno 2019